sabato 23 gennaio 2021

Pandemia, Managerialità, 4.0, Smart Working

Vita dura per i Top Manager/Imprenditori italiani chiamati a reagire a queste diverse realtà che il tempo attuale mette sul piatto della bilancia aziendale. Situazioni molto diverse tra loro ma che incidono contemporaneamente sulla vita aziendale, sui risultati economici e sulle valutazioni delle decisioni da prendere e dei cambiamenti organizzativi. In sostanza quali equilibri ritrovare, ammesso di partire da situazioni equilibrate.

Per la maggior parte delle aziende la provenienza da un decennio di crisi economico-finanziaria ha determinato problemi di ogni natura e le reazioni sono state le più diverse. Non si può dimenticare che il nostro mondo aziendale è estremamente variegato ed è costituito al 92% dalle PMI con l’82% dei dipendenti occupati. Da ciò si può affermare che un enorme numero di attività ha interagito con i diversi mercati (Agricoltura 1mil., Servizi 6,7 mil., Costruzioni 1,2 mil., Trasporti 0,7 mil. e altre industrie per 1,7 mil.)

Se non prendiamo in esame l’Agricoltura, per la sua tipologia molto specifica e diversa strutturalmente che merita un discorso a parte e non ha subito in modo confrontabile la crisi, dati i ben noti sussidi europei e il sostanziale mantenimento della domanda, rimangono moltissime aziende che hanno affrontato, contrastato o subìto le mutazioni di mercato. Ciascuna con una propria visione, nel bene e nel male, dei risultati ottenuti.

Per alcune si è trattato di cali anche drammatici e per altre invece delle opportunità positive.

 


Dati CERVED 2020

Le conseguenze che interessano le PMI italiane sono molteplici, peculiari alla pandemia e diverse dalle crisi precedenti: il lockdown, con la chiusura forzata di molte attività, la ridotta mobilità delle persone, le norme di distanziamento sociale, i massicci interventi pubblici in ambito monetario e fiscale, i cambiamenti indotti nei comportamenti di persone e imprese per effetto del nuovo contesto.

In ogni caso il Top Manager/Imprenditore ha dovuto fare i conti con la Pandemia, lo Smart Working, l’innovazione 4.0 e quindi con una managerialità da innovare.

Questo sta a significare la necessità di un CAMBIAMENTO. Prima di tutto inerente il vertice aziendale. Non c’è la possibilità di “cambiare” se non sotto la guida e l’esempio della Direzione dell’Azienda.

Cambiare , si cambiare, perché il mercato finanziario non è più quello antecedente al 2008, perché le risorse umane si sono evolute per effetto della maggiore scolarità; perché alcuni Paesi stranieri sono molto più attrattivi per le persone qualificate; perché l’evoluzione tecnologica costringe ad investimenti in sistemi più complessi e costosi; perché i mercati si sono fatti più competitivi; perché il mondo dell’istruzione è in ritardo con la formazione dei giovani in rapporto alle esigenze delle aziende; perché l’informatizzazione ha subìto una accelerazione mai vista; perché gli schemi sociali o sono saltati o lo stanno facendo.

È corretto dunque dire che nulla sarà più come prima e che chi si trincera dietro l’attesa che passi la crisi con una vision alla giornata avrà poco futuro. Le risorse di cui si dispone e se ne disporrà, magari in un rapporto diverso tra di loro, restano concettualmente le stesse: i materiali, i mezzi tecnici e tecnologici, la finanza e le risorse umane. Ma esse stesse avranno profondi cambiamenti nella loro natura, nell’evoluzione, nella disponibilità, nel modo con cui devono e dovranno essere utilizzate e gestite. Ma da chi?  

Le aziende sono fatte principalmente di RISORSE UMANE e quindi tutti i livelli aziendali sono stati messi in crisi. Chi per produrre di più e meglio e chi per trovare una soluzione per non soccombere. In ogni caso occorrono competenze sempre più qualificate e complesse, quindi CAMBIAMENTO.

Questo obiettivo per un Top Manager/Imprenditore è tanto più indispensabile ed urgente quanto più si trovi da solo ad affrontarlo o a sottovalutarlo. È lui il motore che avvierà e sosterrà l’azione aziendale dei suoi Collaboratori, peraltro indispensabile per trasmettere a tutti l’operatività. La tecnologia può cambiare le cose, ma per cambiare occorre uno sforzo complessivo e collettivo di tutti, come ci insegna il “concetto” di intelligenza collettiva ed è necessario farlo all’interno di un disegno strategico di innovazione che abbia alla sua base una visione di sistema. Per passare dalle parole ai fatti, dalle promesse alla realizzazione concreta del cambiamento che si voglia vedere. (Bruno Villani)

Compito difficile che si può confrontare ad una vera rivoluzione già di per sé problematica ma resa ulteriormente complessa ed articolata dallo scenario politico-economico di cui è difficile valutare le dimensioni e gli impatti. Ma occorre raccogliere la sfida e credere nelle capacità del proprio team e delle sue capacità complessive di crescere.

Ma il Top Manager/Imprenditore è sensibile e formato a questo nuovo ruolo? Dispone effettivamente di un team competente e capace di lavorare all’unisono per raggiungere l’obiettivo aziendale? Tutti sono orientati al cambiamento e disponibili a contribuire con le proprie competenze al successo? È chiaro a tutti che essere “istruiti” non è sufficiente se non si è contestualmente “formati”? È condiviso che la sfida richiede la flessibilità di ciascuno ed impone la disponibilità a frequenti cambiamenti rinunciando a difendere il perimetro della propria esperienza, anzi implementandolo per renderlo disponibile al 

Generare una nuova cultura di impresa basata sulla managerialità (B.Villani), quindi cambiare il modo di fare, di gestire le persone e guardare ad esse come una vera ed indispensabile risorsa su cui investire per colmare il gap competitivo

Il capitale umano e la qualità gestionale diventano i veri nuovi “fattori della produzione” e questa visione ci permette di vedere nella giusta ottica i problemi pratici derivanti dalla pandemia; i conseguenti interventi organizzativi affrontati con lo smart working (nuovo approccio al lavoro e non semplicemente “lavorare da casa”); la quarta rivoluzione industriale, 4.0 appunto, non solo come investimento informatico (molto costoso) ma come opportunità di efficienza e di metodo.

Abbiamo davanti a noi degli strumenti innovativi, potenti e rivoluzionari ma pur sempre “strumenti” sia che si parli di robot, di cobot, di intelligenza artificiale, di computer quantistici che elaborano dati a velocità di miliardi di volte superiore. Affinché tutto ciò sia progresso e non solo sviluppo, abbiamo necessità di evolvere e diffondere il “modo di usarli” al fine di ottenere una evoluzione inarrestabile per il nostro sistema economico, ma anche nel rispetto sociale, quindi siamo di fronte ad un CAMBIAMENTO DI SISTEMA che ci impone una efficace FORMAZIONE, non solo istruzione, cioè saper approcciare la cultura “Manageriale” come elaborazione del pensiero.

Un salto di qualità a cui tutti, Top Manager/Imprenditori, sono e siamo chiamati.     

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