mercoledì 30 giugno 2010

Motivazione al lavoro per uscire prima e meglio dalla crisi

Il 25 giugno 2010, presso la Michelin Italia S.p.a. di Alessandria, organizzato da Federmanager Alessandria, si è tenuto il VI Forum dei Direttori del Personale, per un dibattito/confronto sul tema: “La motivazione del Personale in tempo di crisi”.

Hanno partecipato sedici Direttori del Personale ed esperti di relazioni industriali, purtroppo con alcune assenze dell’ultima ora per sopravvenute esigenze aziendali.

L’incontro ha avuto come prologo la presentazione e la visita dello stabilimento Michelin di Spinetta Marengo ad opera di una equipe della Società, dopo di che si è entrati nel merito dell’Ordine del Giorno con una introduzione in video del dr. Tullio Miscoria, Consulente di formazione, che ha preliminarmente sottolineato come uno degli impegni maggiori che hanno le Aziende in questo difficile momento è quello di “fare di più con meno persone”.
.Evidenziando che risultati e motivazione sono gli uni parte dell’altra e viceversa, quindi strettamente correlati, non altrettanto si può dire di motivazione e impegno, non essendo altrettanto strettamente collegati all’andamento positivo dell’azienda. Miscoria ha dato grande importanza all’esigenza di far sì che i collaboratori si sentano importanti in un’ottica aziendale per cui è strategica una efficace attività di comunicazione interna sia a livello collettivo che individuale. A questo proposito è importante sensibilizzare e responsabilizzare i collaboratori che sono maggiormente a contatto con il personale.
Il dibattito è proseguito per oltre tre ore con l’intervento di tutti i partecipanti su un tema – la motivazione del personale – che già nei Forum precedenti era stato oggetto di attenzione e ritenuto pertanto importante da affrontare con un esame dettagliato, entrandone nel merito specifico, collegandolo altresì al momento non facile che stiamo attraversando.
E’ stato fatto notare preliminarmente che è improprio parlare di motivazione collegandolo solo alla crisi, in quanto la motivazione è una esigenza costante in ogni attività lavorativa e non è anche sbagliato pensare solo alla crisi aziendale, bensì è opportuno tener presente che, a volte, potrebbe anche il dipendente ad essere in crisi “aziendale” e come tale bisognoso di particolare attenzione e cura, attivando idonei accorgimenti di recupero.

E’ indispensabile che il dipendente abbia conoscenza e consapevolezza del contesto in cui si opera, anche creando gruppi di attività – soprattutto nelle realtà maggiori- che perseguano e garantiscano le performance, tenendo la produzione costantemente sotto controllo, contribuendone all’avanzamento ora per ora, in presenza di una massima reattività e risolvendo tempestivamente gli eventuali problemi che dovessero insorgere. La ricerca delle performance è anche crescita professionale della persona, cui deve essere riconosciuto apertamente il buon lavoro fatto.
Si è aperto, a questo proposito, un dibattito che ha messo a confronto il passato con il presente. Nel passato meno recente, la motivazione era soprattutto perseguita con riconoscimenti economici, soprattutto superminimi, incentivi che premiavano la disponibilità, la collaborazione, la professionalità, la produttività individuale. Ancora oggi può essere positivo incentivare economicamente ed individualmente, ma in una situazione come quella attuale, dove tutti sanno di tutto, può avere anche risvolti negativi: può generare invidie, sensi di vittimismo e di frustrazione più che di stimolo a meglio operare, nuocendo anche al clima aziendale. Sarebbe forse meglio ricercare, ove possibile, premi collettivi, economici ma non solo, che generino competizione tra gruppi, squadre, reparti, uffici, con individuazione di obiettivi adeguatamente pubblicizzati anche nei risultati finali. Tutto ciò senza dimenticare la sensibilizzazione, lo stimolo ed il trascinamento, operandosi in gruppo, effettuato dai migliori nei confronti dei “pigri” che potrebbero, con il loro atteggiamento meno collaborativo, vanificare il raggiungimento degli obiettivi produttivi preposti ed i benefici che ne potrebbero derivare. Non a torto comunque si è sottolineato che bisognerebbe trovare il coraggio di premiare le differenze.

La motivazione oggi – soprattutto in tempo di crisi – ha caratteristiche più psicologiche che economiche, in presenza di una situazione dove, pur riconoscendo l’importanza degli aspetti salariali, assume rilevanza maggiore la salvaguardia del posto di lavoro e con esso, ovviamente, l’andamento positivo dell’azienda.
E’ convinzione generalizzata che dalla crisi si può uscire, o quanto meno si può affrontare meglio soprattutto con la partecipazione di tutti, ognuno per la sua parte e con le sue prerogative e spettanze.
Ne è un chiaro esempio la vicenda FIAT/ Pomigliano, che tanto fa discutere il mondo sindacale e non solo quello, in questi giorni. Come è noto la FIAT fa una scelta assolutamente innovativa: invece di delocalizzare in Paesi dove produrre è più conveniente, riporta in Italia una importante parte di produzione mettendo a disposizione 700 milioni di Euro per ristrutturare lo stabilimento campano, ma chiedendo a sindacati e maestranze la massima collaborazione e disponibilità attraverso un accordo sindacale in certi passaggi anch’esso innovativo. Dopo una complessa trattativa, quattro sindacati di settore, non certo poco rappresentativi, firmano le intese: uno solo, il quinto, rifiuta l’adesione. Il corretto ricorso al referendum, con un esito del 62% favorevole alle intese, avrebbe tecnicamente e democraticamente chiuso la vicenda, anche se è comprensibile la perplessità dell’Azienda sulla effettiva gestibilità dell’accordo, soprattutto tenendo conto che la percentuale di adesione operaia, categoria maggiormente interessata e coinvolta negli aspetti organizzativi e produttivi, è solo del 59%. E’ stato sottolineato che da un’indagine effettuata sui “no” alle intese, la maggior parte sarebbe di personale giovane: una risposta è stata data da un sindacalista firmatario dell’accordo. Per una metà – ha detto – si tratta di iscritti o simpatizzanti ideologicizzati, per un’altra metà di scansafatiche (per la verità ha usato un termine più pesante nonchè volgare). Potrebbe comunque anche essere effettiva una certa partecipazione giovanile al “no”, magari di senza famiglia da tutelare, magari con genitori che possono provvedere loro al sostentamento, magari preoccupati per i turni continui e quindi anche notturni, nonchè del lavoro domenicale, che pregiudicherebbero gli ineludibili svaghi, magari consapevoli che certe attività “sommerse” rendono molto più del lavoro in fabbrica!

Ritornando al tema in discussione, è stato sottolineato che la prima forma di motivazione è intrinseca alla persona: l’individuo deve sentirsi motivato in se stesso. Per essere tale sono indispensabili alcune cose: ci deve essere un contratto di lavoro, ci deve essere sintonia con ciò che si desidera, ci deve essere possibilità di crescita e che ci siano prospettive di durata nel tempo.
Perchè ci sia partecipazione ci deve essere comunque motivazione e prioritariamente conoscenza, coinvolgendo il più possibile il personale, usando anche strumenti diversi e personali.
Perchè ci sia partecipazione è altresì opportuno ricercare la maggiore fidelizzazione possibile.
E per perseguire tali obiettivi il primo passo non può che essere dell’azienda e dei suoi rappresentanti, in particolar modo dei quadri intermedi che dovrebbero essere, a questo proposito, adeguatamente sensibilizzati e informati.
Innanzitutto l’azienda ed i suoi rappresentanti devono essere d’esempio nei fatti e negli atteggiamenti: è difficile chiedere collaborazione e sacrifici unilaterali.
La correttezza nei rapporti e l’equità nelle decisioni devono essere un modus operandi strategico.
E’ anche necessario, come si dice, usare la bocca, ma anche le orecchie, in altre parole affinare l’esigenza dell’ascolto.
La motivazione è sicuramente più perseguibile con un maggior dialogo tra direzione e rappresentanti sindacali aziendali e tra rappresentanti sindacali aziendali e lavoratori, ricercando il più possibile scelte condivise anche se complicate: le condizioni per farlo oggi ci sono, soprattutto se c’ è coerenza tra il dire e il fare.
Potrà sembrare paternalismo, ma è sicuramente opportuno farsi vedere in azienda, nei reparti, negli uffici e colloquiare con i dipendenti su questioni aziendali, ma anche personali.
Aprire l’azienda anche alle Famiglie, in apposite giornate di “fabbrica aperta” comporta con l’adesione di queste – un maggior coinvolgimento – del collaboratore.
Ed infine grande importanza ha, come già precedentemente sottolineato la comunicazione: studiare ed adottare strumenti e pratiche idonee a far conoscere problemi, obiettivi, successi e difficoltà su piccoli e grandi temi aziendali non può che far sì che il dipendente si senta coinvolto.

Come prevedibile e previsto, la crisi, in generale, non è finita.
Ci sono stati sicuramente miglioramenti, la luce alla fine del tunnel si intravede, anche se le condizioni saranno diverse da quelle che si avevano prima del disastro: la situazione riguarda ogni impresa, sia quella che è tuttora in difficoltà, sia quella che è in mezzo al guado, sia quella che fortunatamente in vera crisi non c’è mai stata.
Se si è convinti che nelle difficoltà la strada giusta per uscirne è che ognuno faccia la sua parte, che la barca proceda positivamente in quanto tutti remino nella giusta direzione, in altre parole che ci sia partecipazione di tutte le Parti in causa la motivazione è basilare, anche perchè il dipendente comprende se l’azienda lo vuole coinvolgere.
Più volte, nei precedenti Forum, è emersa la constatazione che oggi le Maestranze sono meno ideologicizzate, forse perchè deluse da una politica che sicuramente non brilla, più mature, più colte e preparate e come tali disposte e disponibili a cogliere i segnali positivi che una adeguata cultura di impresa può dare loro.
Cultura d’impresa, valori dell’intraprendere, orgoglio del produrre, consapevolezza dell’importanza di ciò che si crea: se questi sono obiettivi cui mirare e pilastri su cui assestare le nostre aziende, la motivazione è fondamentale e a nessuno come ai responsabili delle risorse umane spetta il compito di esserne convinti promotori.
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