lunedì 15 settembre 2008

La cacciata dei manager italiani

Da una indagine compiuta dall'Università Cattolica di Milano emerge che, dal 2004 agli inizi del 2008, in Piemonte, Lombardia e Liguria sono state tagliate 20.000 posizioni dirigenziali su 52.000 effettuate in Italia per una percentuale di quasi il 10% del totale dei manager. Questo saldo sarebbe ancora peggiore se non ci fosse stato un incremento positivo dell'Area Nord-Est.

M. Tiraboschi, giuslavorista e allievo di M.Biagi, scrive sul Corriere della Sera: "E' vero, i dirigenti sono abbandonati a sè stessi. Si tratta di una figura problematica e trascurata nello stesso tempo. Gli elevati stipendi bastano a tutelare la categoria? Il dirigente è sempre licenziabile, ma dovrebbe avere la flessibilità e le risorse accantonate per gestire la crisi. A livello di sistema il problema è anche un altro : lo sperpero di risorse. E' stupido privarsi di esperienza, capacità e competenze di alto livello...".
Una seconda e più approfondita indagine, in data 30/04/08, della Federmanager nazionale ha rilevato che nel solo 2007, dalle aziende industriali, ci sono state le uscite di 2.867 dirigenti iscritti ripartiti per il 69% dal Nord-Ovest, per il 12% dall'Area Nord-Est, per il 18% dal Centro Italia ed infine per l'1% nel Sud ed Isole.
Interessante osservare la distribuzione per le diverse aree aziendali:
Area Commerciale 24%
Area Tecnica/Produzione 23%
Area Amministrazione 13%
Area Sistemi informativi 10%
Area Direzione Generale 8%
Area Risorse Umane 3%
Altre (Controllo di Gestione, Logist. ecc) 19%
Quale è il primo commento a freddo? Qui nessuno si salva; non basta più il mestiere o la specializzazione per essere esclusi dalla decimazione. In un certo senso è come se si fossero cancellate aziende complete, con i propri quadri ed organici, reciprocamente equilibrati.
Anche la ripartizione per età è inquietante:
fino a 45 anni 22%
da 46 a 50 18%
da 51 a 55 22%
oltre 55 38%
da cui risulta che meno del 38% dei dirigenti può accedere alla pensione.
Come si sono risolti questi rapporti?
per il 72% con risoluzioni consensuali
per il 22% con licenziamenti
per il 6% con dimissioni volontarie
Le risoluzioni consensuali sono rappresentate per il 32% da pensionamenti, mentre la quasi totalità delle restanti sono di fatto licenziamenti mascherati. Questo fa si che i licenziamenti (mascherati + espliciti) salgano al 71%.Quelli esposti sono numeri aridi, ma la loro rilevanza fa pensare.Ma quali le cause? Arturo Bertolotti si chiede se si tratti di : crisi e debolezza del sisetma produttivo italiano, dismissioni e delocalizzazioni degli assetti produttivi, carenza di imprenditorialità, conseguenze della globalizzazione senza regole, preparazione manageriale inferiore alle aspettative del momento, difesa ed arroccamento dello "status quo" della categoria dirigente, costi e complessità contrattuale dei manager, spinta sostitutiva della categoria dei Quadri, mancanza di respiro nelle prospettive categoriali.In effetti le cause possono essere tante e nessuno può prevenirle tutte, ma i manager italiani hanno almeno preso coscienza di questa realtà per sapersi porre attivamente di fronte a questa evenienza?

mercoledì 3 settembre 2008

ALITALIA, il tormentone infinito, o no?

Difficile dire se sia il Progetto Fenice di Banca Intesa migliore o peggiore di quello Air France.Da una parte è chiaro che sia Spinetta che la cordata italiana, intendono fare un business lucroso e non certo “correre incontro” ai pesanti problemi della “povera Alitalia” e non ci sarebbe alcuna logica economico-industriale di farlo.

Dall’altra ci sono i cosiddetti esuberi. Né l’uno né gli altri avevano intenzione di occuparsi della cosa ed in entrambi i casi il costo sarebbe stato scaricato sui contribuenti italiani come fortemente voluto dai sindacati.
La “compagnia di bandiera” sarebbe comunque scomparsa nella sostanza o come “divisione di attività” della Air France o come realtà C.A.I. disegnata da Banca Intesa.
Lamentare il modo con cui i media stanno gestendo l’informazione è corretto perché è una conferma, e non una novità, della insipienza professionale dei giornalisti e della loro volontà di fare politica e vendere i giornali piuttosto che fare informazione. Ma così è e speriamo che non peggiori.
Venendo al dunque e partendo dalle cause piuttosto che dagli effetti, le vere domande sono: ma come tutto ciò è potuto avvenire, chi lo ha provocato, come si può prevenire che si ripeta?
Penso che questi interrogativi siano legittimi per tutelare l’interesse dei cittadini italiani contribuenti. Alitalia è stata portata a perdere montagne di denaro per la nefandezza dei comportamenti dei partiti (tutti) e dei sindacati (tutti) che ne hanno fatto un centro di collocamento degli aderenti e degli amici. Questo indipendentemente dalle esigenze organizzative e strutturali che oggi si sono trasformati in “esuberi”. Se ciò è stato fatto è evidente che i “vertici” aziendali erano consenzienti e quindi correi o almeno incapaci. In entrambi i casi si dovrebbe parlare di responsabilità dirette, ma non si può, perché anche i vertici sono “figli” degli stessi criteri di “collocamento politico”. Quindi tutto il sistema è coperto e per Alitalia “funziona” lo stesso sistema che ha distrutto le FFSS, le Poste Italiane, IRI, eccetera e che sta annientando il sistema sanitario nazionale. Le soluzioni ? Ardue perché come sottolinea e dimostra Rizzo nei libri “La casta” (Politici, Sindacati, ecc) questo sistema è fatto per autoalimentarsi e restare una speculazione a vantaggio dei singoli contro l’interesse dello Stato; ma se fosse attenuato togliendo dalle mani di pochi tanto sconsiderato potere e le mani di pochi dalle tasche di molti, magari si potrebbe immaginare una strada verso la luce!