mercoledì 26 maggio 2010

Il bavaglio ai media e l'oscuramento dei blog scomodi

NESSUN TELEGIORNALE HA DIFFUSO QUESTA NOTIZIA

Ieri il Senato ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (D.d..L. 733) tra gli altri con un emendamento del senatore Gianpiero D'Alia (UDC) identificato dall'articolo 50bis: “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet.”

La prossima settimana il testo approderà alla Camera diventando l'articolo nr. 60.

Il senatore Gianpiero D'Alia (UDC) non fa parte della maggioranza al Governo e ciò la dice lunga sulla trasversalità del disegno liberticida della"Casta".

In pratica in base a questo emendamento se un qualunque cittadino dovesse invitare attraverso un blog a disobbedire (o a criticare?) una legge che ritiene ingiusta, i /providers/ dovranno bloccare il blog.
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Questo provvedimento può far oscurare un sito ovunque si trovi, anche se all'estero; il Ministro dell'Interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può infatti disporre con proprio decreto l'interruzione della attività del blogger, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.

L'attività di filtraggio imposta dovrebbe avvenire entro il termine di 24 ore; la violazione di tale obbligo comporta per i provider una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000.

Per i blogger è invece previsto il carcere da 1 a 5 anni per l'istigazione a delinquere e per l'apologia di reato oltre ad una pena ulteriore da 6 mesi a 5 anni per l'istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all'odio fra le classi sociali.

Con questa legge verrebbero immediatamente ripuliti i motori di ricerca da tutti i link scomodi per la Casta! In pratica il potere si sta dotando delle armi necessarie per bloccare in Italia Facebook, Youtube e *tutti i blog* che al momento rappresentano in Italia l'unica informazione non condizionata e/o censurata.

Vi ricordo che il nostro è l'unico Paese al mondo dove una media company ha citato YouTube per danni chiedendo 500 milioni euro di risarcimento. Il nome di questa media company, guarda caso, è Mediaset.
Quindi il Governo interviene per l'ennesima volta, in una materia che, del tutto incidentalmente, vede coinvolta un'impresa del Presidente del Consiglio in un conflitto giudiziario e d'interessi.

Dopo la proposta di legge Cassinelli e l'istituzione di una commissione contro la pirateria digitale e multimediale che tra poco meno di 60 giorni dovrà presentare al Parlamento un testo di legge su questa materia, questo emendamento al "pacchetto sicurezza" di fatto rende esplicito il progetto del Governo di normalizzare con leggi di repressione internet e tutto il sistema di relazioni e informazioni sempre più capillari che non si riesce a dominare.

Tra breve non dovremmo stupirci se la delazione verrà premiata con buoni spesa!

Mentre negli USA Obama ha vinto le elezioni grazie ad internet, in Italia il governo si ispira per quanto riguarda la libertà di stampa alla Cina ed alla Birmania.

Oggi gli unici media che hanno fatto rimbalzare questa notizia sono stati il blog Beppe Grillo e la rivista specializzata Punto Informatico

mercoledì 19 maggio 2010

Le figure di merda sono un "felice " ricordo...

NATA FEMMINA
Dalla scrittrice albanese Elvira Dones riceviamo questa lettera aperta al premier Silvio Berlusconi in merito alla battuta del Cavaliere sulle "belle ragazze albanesi". In visita a Tirana, durante l'incontro con Berisha, il premier ha attaccato gli scafisti e ha chiesto più vigilanza all'Albania. Poi ha aggiunto: "Faremo eccezioni solo per chi porta belle ragazze".


"Egregio Signor Presidente del Consiglio,
le scrivo su un giornale che lei non legge, eppure qualche parola gliela devo, perché venerdì il suo disinvolto senso dello humor ha toccato persone a me molto care: "le belle ragazze albanesi".
Mentre il premier del mio paese d'origine, Sali Berisha, confermava l'impegno del suo esecutivo nella lotta agli scafisti, lei ha puntualizzato che "per chi porta belle ragazze possiamo fare un'eccezione."
Io quelle "belle ragazze" le ho incontrate, ne ho incontrate a decine, di notte e di giorno, di nascosto dai loro magnaccia, le ho seguite da Garbagnate Milanese fino in Sicilia.
Mi hanno raccontato sprazzi delle loro vite violate, strozzate, devastate. A "Stella" i suoi padroni avevano inciso sullo stomaco una parola: puttana. Era una bella ragazza con un difetto:
rapita in Albania e trasportata in Italia, si rifiutava di andare sul marciapiede.
Dopo un mese di stupri collettivi ad opera di magnaccia albanesi e soci italiani, le toccò piegarsi. Conobbe i marciapiedi del Piemonte, del Lazio, della Liguria, e chissà quanti altri. E' solo allora - tre anni più tardi - che le incisero la sua professione sulla pancia: così, per gioco o per sfizio.
Ai tempi era una bella ragazza, sì.
Oggi è solo un rifiuto della società, non si innamorerà mai più, non diventerà mai madre e nonna. Quel “puttana” sulla pancia le ha cancellato ogni barlume di speranza e di fiducia nell'uomo, il massacro dei clienti e dei protettori le ha distrutto l'utero.
Sulle "belle ragazze" scrissi un romanzo, pubblicato in Italia con il titolo “Sole bruciato”. Anni più tardi girai un documentario per la tivù svizzera: andai in cerca di un'altra bella ragazza, si chiamava Brunilda, suo padre mi aveva pregato in lacrime di indagare su di lei. Era un padre come tanti altri padri albanesi ai quali erano scomparse le figlie, rapite, mutilate, appese a testa in giù in macellerie dismesse se osavano ribellarsi. Era un padre come lei, Presidente, solo meno fortunato.
E ancora oggi il padre di Brunilda non accetta che sua figlia sia morta per sempre, affogata in mare o giustiziata in qualche angolo di periferia.
Lui continua a sperare, sogna il miracolo. E' una storia lunga, Presidente... Ma se sapessi di poter contare sulla sua attenzione, le invierei una copia del mio libro, o le spedirei il documentario, o farei volentieri due chiacchiere con lei. Ma l'avviso, signor Presidente: alle battute rispondo, non le ingoio.
In nome di ogni Stella, Bianca, Brunilda e delle loro famiglie queste poche righe gliele dovevo. In questi vent'anni di difficile transizione l'Albania s'è inflitta molte sofferenze e molte ferite con le sue stesse mani, ma nel popolo albanese cresce anche la voglia di poter finalmente
camminare a spalle dritte e testa alta. L'Albania non ha più pazienza né
comprensione per le umiliazioni gratuite. Credo che se lei la smettesse di
considerare i drammi umani come materiale per battutacce da bar a tarda ora, non avrebbe che da guadagnarci. Questa "battuta" mi sembra sia passata sottotono in questi giorni in cui infuria la polemica Bertolaso , ma si lega profondamente al pensiero e alle azioni di uomini come Berlusconi e company, pensieri e azioni in cui il rispetto per le donne é messo sotto i piedi ogni giorno, azioni che non sono meno criminali di quelli che sfruttano le ragazze albanesi, sono solo camuffate sotto gesti galanti o regali costosi.

Mi vergogno profondamente e chiedo scusa anch'io a tutte le donne albanesi
Merid
.

mercoledì 12 maggio 2010

Anno 2008 - primavera 2010 : ma è proprio primavera?

A parte il facile confronto con una stagione che si è presentata come climaticamente difficile
i 20 mesi vissuti pericolosamente dall'economia italiana hanno riportato la produzione del settore
manifatturiero indietro di 100 trimestri (più della media UE) ovvero a livello del 1984!
La gravità della situazione italiana è un semplice raffronto con Francia e Germania
che hanno perso rispettivamente solo 12 e 13 trimestri.

Per quanto riguarda l’indicatore reale del ricorso alla cassa integrazione, dai dati
comunicati dall’INPS emerge che la gestione di cassa per il 2009 chiude
sostanzialmente sugli stessi valori del 2008 (una riduzione di -0,7%), ma da gennaio
a novembre l’effettivo utilizzo è del 61% del richiesto contro circa il 70% dello stesso
periodo dell’anno precedente.

A dicembre i disoccupati erano 2.130.000 con un tasso dell'8,5%,
ma il dato preoccupante riguarda il 26,9% della fascia giovanile che non risulta
occupata, perchè il peggioramento (nell'ottobre 2008 la disoccupazione era al 7%) va
proprio a danno dei giovani che hanno un tasso superiore di tre volte a quello
complessivo!
Sono proprio i giovani a pagare il prezzo più alto: uno su quattro è senza prospettive
per il domani e non è in grado di emanciparsi dai genitori.
I numeri dicono che a pagare la recessione sono stati: i contratti a termine (-229 mila
solo nel 2009) con una contrazione del 9,4%, le collaborazioni a progetto -12,1% e
quelle occasionali -9,9%, viceversa il popolo delle partite IVA ha ingrossato le
proprie fila con un + 132mila pari ad un + 16,8%.
La chiave di lettura di questo ultimo dato è che, per contenere i costi del lavoro, si è
verificata la sostituzione dei contratti flessibili con formule ancora più a basso costo.

Per il Direttore del CENSIS Giuseppe De Rita “i giovani di oggi, che sono più
formati, più tecnologizzati, molto più aperti ad esperienze internazionali e che
dovrebbero costituire il punto di forza per la ripresa” sono stati viceversa
sottooccupati in una situazione strisciante di precariato che non dà prospettive.
Appena avvertita la crisi , sono stati i primi ad essere espulsi dal mercato del lavoro e
la stagnazione del nostro paese – sempre secondo il CENSIS – è anche in questa
mancanza di prospettive per le sue generazioni più giovani.

Nel 2008 l'Italia si è confermata al 13mo posto nella classifica Eurostat sul PIL
procapite come potere d'acquisto e mantiene di fatto le posizioni 2006 e 2007
nonostante la crisi.

Tuttavia le altre economie europee, Germania, Francia, Inghilterra e Olanda, sono
sempre davanti al nostro paese esclusa la Spagna che non ci precede più.

...in apnea

Il rapporto CENSIS usa questo termine che si addice molto bene alla nostra realtà.
Secondo il CsC (Centro studi Confindustria) vi è stata una secca flessione del PIL che
nel 2009 è sceso a – 4,7% mentre nel 2010 è atteso un aumento di +1,1% e nel 2011
un +1,3%, un recupero troppo modesto rispetto ai nostri competitor: Saranno
necessari ben 8 anni perchè le imprese ritrovino i livelli perduti della produzione e 4
anni perchè il paese torni ad incrementare il volume del PIL ai livelli antecedenti la
crisi.
Sempre secondo CsC la Germania impiegherà 2 anni e mezzo, mentre la Francia
già nella seconda metà del 2011 avrà compensato le perdite subite.
A bruciare le tappe saranno invece gli USA che nel giro di un solo anno torneranno
con il PIL a livelli pre-crisi
“La ripresa c’è, ma c’è anche la crisi” sono le parole del Presidente di Confindustria
Emma Marcegaglia a conclusione del seminario di dicembre del CsC per l’apertura
dei lavori dello Studio “Italia 2015”.

Le imprese sono in affanno e sempre meno ricche, ma anche le famiglie sono più
povere, in quanto il loro potere d’acquisto nel periodo ottobre 2008 settembre 2009 è
diminuito dall’1,6%, come risulta dal 43° Rapporto ISTAT.

Il terziario nella morsa della crisi

Il grande e variegato arcipelago del terziario non è più quella massa gelatinosa capace
di assorbire i contraccolpi più violenti del rovescio economico anzi il vasto invaso dei
servizi, intermediazioni, commercio sta diventando il terreno più soggetto alla morsa
della recessione che colpisce lavoratori, mestieri e professioni senza alcun sistema di
tutela affondando imprese e attività varie, talvolta improvvisate, a bassa produttività
ed efficacia.
Di fronte alla vastità della crisi non ci si può rifugiare nell’espediente di inventare
servizi industriali a bassa produttività ed efficacia che il CENSIS definisce
“qualcosisti” per rimarcarne l’inadeguatezza e la precarietà.
Occorrerebbe intervenire per migliorarne la produttività, la qualità professionale e,
soprattutto, le forme di impresa.

Il paese si ritrova sempre più diviso, parcellizzato e cresce la possibilità che quando si
uscirà dalla crisi ci si troverà con un sistema paese più debole, senza un progetto che
sappia coniugare rigore e riforme, innovazione e sviluppo e la necessaria coesione
sociale che possa supportare il tutto.

Non è accettabile ad esempio, che, a differenza degli altri paesi UE, la rendita
finanziaria con prevalente finalità speculative continui ad essere tassata meno degli
investimenti produttivi e dei redditi da lavoro (e da pensioni) con gravi distorsioni in
termini di equità per l’economia: troppe tasse pagate da chi non può sottrarsi
(lavoratori dipendenti) e poche da tutti gli altri.
Una persona che dichiari redditi di lavoro per 150.000 Euro è tassato con un’aliquota
media dl 38,45% mentre chi consegue 150.000 Euro per una rendita finanziaria è
tassato al 12,5%.
Dai dati IRPEF dell’anno 2008 emerge che, rispetto agli oltre 783miliardi di gettito
dato da 41milioni di contribuenti, poco meno della metà, 48,3% percepisce un reddito
sino a 15.000 Euro l’anno, mentre il 36,4% è posizionato nella fascia 15-29.000
Euro.
Infine meno dell’1% percepisce un reddito superiore ai 100.000 Euro e solo due
contribuenti su 1000 raggiungono un reddito di 200.000 Euro l’anno.

Lo scandalo dell’evasione fiscale è ormai riconosciuto da tutti: secondo l’Agenzia
delle Entrate risulta una base imponibile non dichiarata tra i 210 – 250 miliardi
equivalenti a circa 100 miliardi di minori entrate e a ........ tante finanziarie.

Produttività avanti adagio

L’Italia è in coda all’OCSE: dal 1992 ad oggi ha registrato la più bassa crescita della
produttività (tra il 2004 e il 2008 crescita pari allo 0,2% annuo).
Due considerazioni sui valori di produttività:
a)
negli ultimi 12 anni in Italia è però aumentato il tasso di occupazione: infatti la
quota di occupati sul resto della popolazione è passata da 52% del 1997 a 58%
del 2009;
b) quando le imprese si ristrutturano, oltre agli investimenti in tecnologia si fanno
anche quelli in beni capitali intangibili: ricerca e sviluppo, investimenti nel
marchio, riorganizzazione del management che sono considerati consumi
intermedi e non appaiono quindi nel prodotto.
Le prossime riforme della contabilità nazionale dovrebbero portare queste
spese fra i beni finali per cui avremo una produttività che oggi non appare nelle
statistiche.

Sulla deludente classifica pesano gli antichi nodi ribaditi anche dal Governatore della
Banca d’Italia.
Vi è ampio consenso sulla necessità, richiamata da Mario Draghi di “attuare quelle
riforme che, da lungo tempo attese, consentano al nostro sistema produttivo di
essere parte attiva della ripresa economica” attraverso la riduzione strutturale della
spesa pubblica corrente, l’adeguatezza delle infrastrutture, la liberalizzazione dei
servizi (anche quelli pubblici locali) e la riforma del welfare costoso e poco selettivo.

Secondo molti esperti, tra gli ostacoli alla crescita vi sono: la burocrazia (per le
imprese è inderogabile la semplificazione amministrativa); la mancata
semplificazione normativa per ridurre il numero di leggi e regolamenti; la scarsa
produttività del sistema giudiziario civilista; l’elevata pressione fiscale sulle imprese
(con una tassazione di circa 20 punti superiore a quella del Giappone) con un
differenziale di 27 punti percentuali rispetto alla UE per non parlare del 30% rispetto
agli USA.

Vorrei sottolineare che abbiamo smarrito il codice del buon senso: nel nostro sistema
giudiziario si attendono anni per un diritto negato, un risarcimento, per la perdita del
posto di lavoro.
Labirinti giudiziari che si concludono dopo quindici/vent’anni, a volte con
assoluzioni, ma per l’interessato una vita personale distrutta.

Il turismo è una delle poche armi in mano all’Italia per reagire alla crisi: abbiamo
storia, arte e natura che si intrecciano con un clima favorevole ed una buona cucina, ma
non tutti sembrano essersene accorti.
Lo confermano: l’indice di balneabilità delle nostre spiagge con il primato della
Campania dove un chilometro su sei è inquinato; i servizi offerti, molto costosi
rispetto al loro livello, con il contorno dei conti truffa presentati ai turisti stranieri.

Se il diluvio è passato dov’è l’arcobaleno?

Dall'inizio del 2008 nell'export di beni è cambiata la tipologia delle aziende
interessate: non più il gigantismo ma i micro-settori.
Ma questo export molecolare, “nicchie” che rappresentano il 47% del valore del
mercato, conferma che il nostro paese, in termini assoluti, subito dopo la Germania, è
primo esportatore mondiale di 288 prodotti, secondo per altri 382 e terzo per 352 con
un valore esportato di (100+ 79+ 56) miliardi con 1022 “nicchie” di eccellenza.
A parecchi economisti questa Italia delle "nicchie" non piace, ma imprese come
Montedison e Olivetti le abbiamo perse per strada: l'importante sarebbe il
consolidamento dimensionale e patrimoniale di queste aziende per continuare ad
eccellere.

La forza del Made in Italy sta proprio in queste "nicchie" che denotano l'elevata
diversificazione delle specializzazioni (alimentari, abbigliamento-moda, arredo casa,
automazione meccanica, gomma -plastica e anche metallurgia, carta e chimica
farmaceutica).
Migliaia di imprese medio-piccole sono protagoniste di questo successo perchè
hanno la capacità di essere flessibili, di fare prodotti "quasi sartoriali" ovvero su
"misura" per il cliente, di coniugare attività e innovazione, design e qualità, di avere
la forza delle idee.
Idee originali da legare anche alla qualità del vivere, allo stile di vita, al modo di
vestirsi: non fare solo salotti, ma offrire anche stili di vita che gli utilizzatori siano
disposti a riconoscere come valore aggiunto e, soprattutto, ad acquistare.

La ripresa si accende di verde

Le fonti di energia pulita e alternative (idroelettriche, eoliche, fotovoltaiche,
biomasse, ecc.) rispetto alle tradizionali, rappresentano delle opportunità di ricerca,
innovazione, sviluppo e si calcolano in 40-50 mila i nuovi posti di lavoro nel
prossimo triennio, oltre, ovviamente, al miglioramento ambientale.

Gse (Gestore servizi elettrici) a consuntivo 2008 informa che tutta l’energia da fonti
rinnovabili è stata pari a 23859 MW con un aumento di + 21% rispetto all’anno
precedente (gran parte del merito va all’energia idroelettrica).

Per quanto riguarda l’eolico, la crescita nel 2008 è stata deludente e, con 3500 MW di
capacità installata cumulata a tutto il 2008, siamo ancora sul podio europeo per un
soffio davanti alla Francia (3404 MW) e all’Inghilterra (3241 MW), ma lontanissimi
dalla Spagna (16740 MW) e dalla Germania (23903 MW).

Il rallentamento della crescita è da ricercarsi nei tempi troppo lunghi per ottenere le
autorizzazioni, ma, soprattutto, sembra che alcune regioni non vogliano i parchi
eolici: la sindrome nimby (not in my backyard), perchè a fronte degli 861,7 MW della
Puglia si ha un valore zero per Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Piemonte e
Valle d’Aosta.

Gse ha calcolato che, per quanto riguarda il fotovoltaico, a fine 2008 sono stati
installati 431 megawatt prodotti da 31.875 impianti in funzione mentre per il 2009 si
stimano 900 megawatt con 70.000 impianti e le previsioni per il 2010 indicano in
1500 megawatt l’energia che si produrrà con 100.000 impianti.
A solo titolo di raffronto la capacità installata nel 2008 in Germania è di 5340
Megawatt, in Spagna di 3354, in Giappone di 2144,2.
In Piemonte, nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo saranno realizzati impianti
per una potenza installata massima di 31 megawatt.

Grid parity significa che le energie pulite potranno competere con le fonti tradizionali
sul piano dei costi e della qualità senza le sovvenzioni pubbliche: nel 2011 l’Italia
sarà il primo paese a raggiungere la Grid Parity dopo di che le energie pulite
costeranno meno anche se diminuiranno gli eco-incentivi.
L’obiettivo per il 2020 è di produrre il 14% ovvero 3 volte quello di oggi di energia
pulita complessiva con i biocarburanti che saranno 10 volte tanto quelli odierni.
La Germania è oggi quello che il nostro paese sarà (o dovrebbe essere) nel 2020.

Conclusioni

Occorrono pertanto misure concrete per: creare infrastrutture che siano degne di un
paese moderno, avere una istruzione incentrata sul merito per tutti (docenti e
studenti), una burocrazia che non sia di ostacolo al cambiamento, ma al servizio della
collettività, dei mercati senza posizioni di rendita e ammortizzatori sociali che
incentivino anche la ricerca di un lavoro.

Prima di concludere, vorrei ricordare che, a distanza di un anno, il sogno dell' Arcivescovo
di Milano Tettamanzi di creare un fondo per le famiglie che perdono il lavoro è diventato
una realtà con la creazione di un Fondo che ha raccolto nel 2009, complessivamente la
somma di 6.588.503,89 Euro di cui oltre 5.000.000 distribuiti a 2.333 famiglie.

L'altra cosa che ci piace sottolineare è una proposta di legge fatta congiuntamente da
G. Cassola (PDL) e P. Ichino (PD) per cercare di aumentare il tasso di occupazione
per la fascia di età fra i 60 e 70 anni: un patrimonio di conoscenza, di sapere e di
esperienze che va in gran parte sprecato.
Si tratterebbe di un provvedimento di grande e positivo impatto sociale doveroso per
tutti coloro che, con il loro lavoro, hanno permesso la crescita del nostro paese.
A conclusione del seminario del CsC di dicembre “Italia 2015” sui temi
dell’innovazione, della ricerca, del capitale umano, dell’efficacia dello Stato, il
Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia lancia la sfida: “bisogna riprogettare
il futuro”, ma per far questo occorre che imprenditori, collaboratori, professionisti
facciano bene la loro parte e, per quanto riguarda la dirigenza, è una sfida che ci
piace e che raccoglieremo sicuramente, affinchè il paese torni a crescere.