Il
28 giugno 2013, organizzato da Federmanager e Confindustria Alessandria, presso
la Solvay Speciality Polymers S.p.A. di Spinetta Marengo si è tenuto il
12 mo Forum dei Direttori delle Risorse Umane per un confronto sul tema
Welfare aziendale –
Atto 2°
Il welfare in rete? Essere attori del
cambiamento
Work shop operativo
Hanno
partecipato sedici Direttori del Personale ed esperti di relazioni industriali
ed altrettanti Colleghi hanno manifestato la loro adesione all’iniziativa, pur
non potendo essere presenti per impegni precedentemente presi o sopravvenuti.
Preliminarmente
Mannori ha presentato e distribuito il volumetto della raccolta dei dieci Forum
precedenti, ha sottolineato la volontà di proseguire nel miglioramento
quali-quantitativo dei Forum stessi, anche grazie ai suggerimenti forniti dai
Colleghi nell’ambito del questionario consegnato e restituito dal 70% circa dei
Colleghi stessi, ha ricordato il “coordinamento dei coordinamenti” dei
Direttori del Personale tra Federmanager e Confindustria Alessandria, ha
sottolineato la “rete” dei Direttori del Personale che ha superato le quaranta
adesioni, anche in rappresentanza delle relative aziende ed ha infine
preannunciato le modalità dell’odierno Forum con un work-shop operativo.
Entrando
nel tema odierno, ha ricordato che la proposta di oggi prende le mosse dal
precedente Forum sul welfare tenutosi il 15 luglio del 2011, durante il quale, tra l’altro, si osservava e
si poneva l’accento sui costi del welfare e sulla scarsa sensibilità dei Sindacati
nazionali con preferenza ai ritocchi salariali. Argomenti reali, ma
sottolineando altresì che le rappresentanze sindacali interne, più vicine agli
umori ed alle esigenze dei nostri collaboratori, avrebbero potuto essere più
attente ed interessate.
I
dati sopra citati si riferivano a fine 2009 e nel pieno di quella che
ritenevamo una crisi finanziaria con risvolti pesantemente economici. Alcuni
economisti ne davano una possibile uscita in tre/quattro anni. La realtà europea,
a distanza ormai di cinque anni, lascia intravedere che la cosiddetta uscita
dalla crisi non sia dietro l’angolo, ma anzi ancora ben lontana. Da qui si
potrebbe sostenere che non basta auspicare l’uscita dalla crisi, quanto
intervenire per attuare “un cambiamento di sistema” .
Cambiare
il modo di vivere, di fare azienda, di formare noi stessi e i nostri
collaboratori, anche chiedendo a Chi ne ha la responsabilità delegata, di
attuare strategie politiche lungimiranti che possano dare ai giovani un futuro
anche ridimensionando le pur condivisibili attese contingenti.
Rimanendo
al tema di oggi, dovremmo pensare a quale possa essere un welfare dove
l’Azienda si apre al territorio dove
vivono i collaboratori, dove, in un nuovo modo di relazionarci, si guardi anche
ai bisogni delle persone, oggetto di stravolgimento nel rapporto tra cittadini
e Stato.
Dove
gli equilibri tra bisogni e costi sostenibili hanno portato una deriva di
impoverimento di milioni di famiglie.
Forse
si dovrebbe andare alla ricerca di un welfare verso un nuovo modo di gestire un
cambio di sistema, dove l’interazione tra datori di lavoro e collaboratori
avvicini maggiormente gli uni agli altri in una convenienza reciproca.
Anche
per questo nel Forum odierno abbiamo anche la presenza inusuale di un Istituto
bancario, nella persona di Raffaele Scotti e di una Istituzione locale, il
Comune di Alessandria, rappresentato dall’Assessore Gianni Ivaldi.
Sintetizzando,
se allora abbiamo valutato il welfare un “problema di costo”, oggi forse occorre
riflettere su “quanto costerebbe il non welfare”.
Sono
a questo punto subentrate alcune riflessioni del dott. Bessone che ha
evidenziato quanto le politiche sociali abbiano la loro sede naturale nel
territorio, nei luoghi dove si produce e riproduce l’esistenza, dove si
organizza il lavoro, dove si costruiscono le reti naturali della convivenza,
dove si esprimono i bisogni, si manifestano i conflitti ed infine, dove si può
realizzare la solidarietà.
Nell’attuale
economia della conoscenza e della comunicazione, la globalizzazione, il lavoro
che non c’è o che improvvisamente scompare, la precarietà dei nuovi e
differenti lavori, la presenza crescente di immigrati ed anziani, il ruolo
della donna, le nuove povertà e le nuove solitudini rappresentano per le comunità
locali problemi e responsabilità in forme e misure inedite e, a volte, di difficile interpretazione.
Se
si vuole utilizzare una cornice concettuale per la nascita di un nuovo welfare
aziendale nel nostro Paese si può fare riferimento al principio di
sussidiarietà orizzontale nei confronti delle Parti sociali e di sussidiarietà
verticale nei confronti degli ambiti territoriali e del Governo locale.
Naturalmente
l’Azienda, con questo tipo di politica, ha interesse e lo può esplicitare
nell’avere un dipendente più motivato e partecipe nell’ambito della dialettica
dello scambio lavoro-salario. In altre parole, un ruolo propositivo e fattivo
dell’Impresa che ambisce ad esplicitare una sua dimensione di responsabilità
sociale in un dialogo costante con il resto dell’esistenza territoriale, i
sindacati, le altre imprese, i governi locali, ecc..
Alcune
ipotesi di welfare aziendale:
-
tutela del diritto
alla salute, con un fondo di assistenza sanitaria integrativa per dipendenti e
familiari;
-
interventi alle
pratiche di work-life balance, come
asili nido, lavanderia, disbrigo pratiche, shopping aziendale;
-
sostegno economico
alla maternità;
-
sostegno alla coppia
genitoriale con prole piccola, babysitteraggio,
ecc,;
-
voucher care socio-sanitari per le famiglie con anziani non autosufficienti o con
figli disabili;
-
libri, borse di
studio, soggiorni estivi per minori.
Se
invece di pensa ad un welfare aziendale di comunità e/o territorio,
coinvolgendosi con
-
pool di aziende
aderenti;
-
comuni di
riferimento;
-
istituzioni locali
interessate (ASL, consorzi socio-assistenziali);
-
organizzazioni
sindacali territoriali;
-
cooperazione sociale
e terzo settore;
ipotesi
progettuali:
-
costituzione di un
fondo ad opera delle imprese;
-
definizione degli
ambiti di intervento;
-
analisi del contesto
territoriale;
-
determinazione degli
ambiti di intervento.
Pemessa
questa sventagliata di ipotesi di welfare, il dott. Bessone auspicherebbe che
il work- shop odierno potesse individuare un progetto comune, anche limitato,
da poter perseguire in tempi brevi.
La
dott. Novello, dell’Area Risorse Umane Solvay, prima di costituire ed operare
con gruppi di lavoro, traccia brevemente una sintesi del welfare, dalle prime
iniziative “tutto a tutti”, l’inevitabile crisi del sistema ed infine
l’altrettanto inevitabile ricorso al welfare aziendale.
Vengono
pertanto costituiti tre gruppi di lavoro che dovrebbero individuare analisi ed
obiettivi tra cui il completamento retributivo, l’integrazione della normativa
contrattuale nazionale, l’incremento dei servizi, l’organizzazione del lavoro e
quant’altro.
Al
termine di un’ora e mezza di lavoro dei tre gruppi, la riunione riprende in
plenaria per valutare le rispettive analisi. Le valutazioni complessivamente
emerse hanno portato una particolare attenzione a varie tematiche così
sintetizzabili.
Nell’attuale
situazione di crisi, il welfare può diventare una parte non minoritaria
dell’aspetto economico/retributivo nel rapporto di lavoro: può diventare
interessante per il dipendente per compensare un costo sempre maggiore di
servizi che le Istituzioni non sono più in condizione di sopportare e possono
anche rappresentare un costo minore per l’imprenditore rispetto all’incremento
salariale vessato dal cuneo fiscale (salario lordo - salario netto).
La
compartecipazione interaziendale al welfare può sicuramente aiutare per
raggiungere costi meno gravosi che se affrontati dalle singole aziende
avrebbero un minor beneficio. Come altrettanto la partecipazione ai costi
(impresa e dipendenti, anche con incidenze proporzionalmente diverse) può
raggiungere incidenze interessanti diverse dagli attuali costi di mercato.
L’aumento
dei volumi dei partecipanti (massa critica/più aziende-più dipendenti) dovrebbe
ottenere risultati positivi sui costi complessivi ed individuali.
Un
welfare aziendale idoneo sarebbe sicuramente utile a migliorare il clima
aziendale ed il concetto di “appartenenza” all’azienda stessa.
Non
si può prescindere da una accurata comunicazione sul tema, sia in azienda che
all’esterno, magari anche con indagine informativa e adeguata inchiesta con il
personale.
Necessità
di creare una specifica “cultura” sull’argomento, sia nei confronti dei
dipendenti che nei confronti della Proprietà e delle dirigenze aziendali: senza
la partecipazione convinta di entrambe le parti gli ostacoli sarebbero probabilmente
insormontabili.
Analogamente
è necessaria la condivisione con le parti sindacali interne ed esterne, queste
ultime soprattutto in caso di compartecipazione tra aziende.
Importanza
di un’analisi del territorio, anche per valutare le materie di intervento: a
titolo esemplificativo, una mensa interaziendale od un asilo nido possono avere
un senso in un’area industriale delimitata, mentre un’assistenza integrativa
sanitaria o una convenzione con professionisti o una cooperativa d’acquisto può
prescindere dall’area stessa.
L’individuazione
di temi condivisi ha portato a sottolineare, anche per rispondere all’obiettivo
di essere propositivi anche su piccoli, ma immediati progetti, all’opportunità
di asili nido, alla copertura sanitaria integrativa, alle convenzioni,
all’impiegabilità di figli di dipendenti anche con scambi interaziendali.
Su
alcuni di questi argomenti è stato sottolineato che l’assistenza sanitaria
integrativa è già stata regolamentata da alcuni contratti nazionali, senza
dimenticare l’eventualità del Fasi Open; che le convenzioni contengano qualcosa
di veramente innovativo, in quanto esistono già convenzioni di qualsiasi
livello e con una pletora di proponenti.
Prima
di passare alle conclusioni il dott. Scotti ha manifestato la disponibilità del
suo Istituto bancario ad esaminare eventuali convenzioni con aziende e
dipendenti interessati, ovviamente conoscendone le quantità numeriche;
l’Assessore Ivaldi ha confermato la disponibilità del Comune di Alessandria a
partecipare, nel limite delle attuali difficoltà, anche mettendo a disposizione
uffici e strutture comunali; la dott.ssa Maso è intervenuta sulla formazione
finanziata da Fondirigenti, anche sottolineando la possibilità di finanziare
iniziative come i Forum dei Direttori del Personale previa approvazione di
specifico progetto.
Com’è
consuetudine le conclusioni del dibattito sono state lasciate al dott. Bramardi
che non si è attardato ai temi generali, già profondamente trattati nel corso
del Forum, ma ha voluto sottolineare che le linee progettuali e di guida
possano essere – a suo giudizio due- in alternativa, ma anche in parallelo.
Una,
che potremmo definire “minimalista”, individuando uno o due temi, anche a costo
limitato, da perseguire in tempi medio-brevi, con la partecipazione di un
ristretto numero di Aziende disponibili.
Una
seconda, sicuramente più ambiziosa, che preveda un progetto vero e proprio da
impostare a livello provinciale o comunque più ampio, che abbracci
complessivamente un welfare ad ampio raggio al quale possano partecipare –
previa idonea comunicazione e relativa disponibilità – un sempre maggior numero
di Soggetti disponibili.
Promotori
e coordinatori del progetto potrebbero essere Federmanager e Confindustria
provinciali che, come primo atto, potrebbero divulgare l’iniziativa tramite
informativa agli associati/iscritti, se del caso inviando la sintesi
dell’odierno Forum.
Se
il tutto avesse un certo successo si potrebbe programmare una specifica
riunione – Welfare atto 3° (progetti comuni) – da programmare nel prossimo
autunno per la definizione del progetto e delle relative modalità.
E’
giusto sottolineare che le Aziende, in questo difficile momento, hanno ben
altri problemi da affrontare, ma alcune considerazioni – emerse anche nel corso
del Forum – fanno pensare che il momento difficile che si sta attraversando
potrebbe anche non essere di eccessivo ed assoluto ostacolo.
La
condivisione del costo, ove questo fosse e non a costo zero come anche
auspicato, potrebbe significativamente abbassarlo a livello di tollerabilità e
ci potrebbe anche essere una disponibilità dei collaboratori e delle
rappresentanze sindacali a moderazioni rivendicative compensate da servizi
sociali che le istituzioni non sono e non saranno più in condizione di fornire
e/o compensazioni in produttività aziendale.
A
questo proposito, un interessante articolo di Cristiano Gori – a questo
proposito – su Il Sole 24 ore del 27 maggio 2013 sottolinea che i milioni di
Euro che lo Stato stanzierà per i fondi delle politiche sociali nel 2014 sono
199; quest’anno i fondi ammontano a 766 ed erano 2562 nel 2008: significa una
riduzione del 92% dal 2008 al 2014!!! Su
questi presupposti, essere attori del cambiamento rappresenterebbe sicuramente
un atto di grande responsabilità imprenditoriale e manageriale.
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