mercoledì 10 luglio 2013

Ad Alessandria il XII Forum dei Direttori delle Risorse Umane

Il 28 giugno 2013, organizzato da Federmanager e Confindustria Alessandria, presso la Solvay Speciality Polymers S.p.A. di Spinetta Marengo si è tenuto il 12 mo Forum dei Direttori delle Risorse Umane per un confronto sul tema

Welfare aziendale – Atto  2°
Il welfare in rete? Essere attori del cambiamento
Work shop operativo

Hanno partecipato sedici Direttori del Personale ed esperti di relazioni industriali ed altrettanti Colleghi hanno manifestato la loro adesione all’iniziativa, pur non potendo essere presenti per impegni precedentemente presi o sopravvenuti.
Preceduto da un apprezzato pranzo nei nuovi locali della mensa aziendale, il Direttore dello stabilimento dott. Stefano Bigini ed il Direttore del Personale dott. Paolo Bessone, della Solvay hanno rivolto un saluto di benvenuto ai partecipanti dell’odierno Forum, lasciando poi la parola al dott. Mannori di Federmanager Alessandria per introdurre l’argomento della giornata.





Preliminarmente Mannori ha presentato e distribuito il volumetto della raccolta dei dieci Forum precedenti, ha sottolineato la volontà di proseguire nel miglioramento quali-quantitativo dei Forum stessi, anche grazie ai suggerimenti forniti dai Colleghi nell’ambito del questionario consegnato e restituito dal 70% circa dei Colleghi stessi, ha ricordato il “coordinamento dei coordinamenti” dei Direttori del Personale tra Federmanager e Confindustria Alessandria, ha sottolineato la “rete” dei Direttori del Personale che ha superato le quaranta adesioni, anche in rappresentanza delle relative aziende ed ha infine preannunciato le modalità dell’odierno Forum con un work-shop operativo.
Entrando nel tema odierno, ha ricordato che la proposta di oggi prende le mosse dal precedente Forum sul welfare tenutosi il 15 luglio del 2011,  durante il quale, tra l’altro, si osservava e si poneva l’accento sui costi del welfare e sulla scarsa sensibilità dei Sindacati nazionali con preferenza ai ritocchi salariali. Argomenti reali, ma sottolineando altresì che le rappresentanze sindacali interne, più vicine agli umori ed alle esigenze dei nostri collaboratori, avrebbero potuto essere più attente ed interessate.
I dati sopra citati si riferivano a fine 2009 e nel pieno di quella che ritenevamo una crisi finanziaria con risvolti pesantemente economici. Alcuni economisti ne davano una possibile uscita in tre/quattro anni. La realtà europea, a distanza ormai di cinque anni, lascia intravedere che la cosiddetta uscita dalla crisi non sia dietro l’angolo, ma anzi ancora ben lontana. Da qui si potrebbe sostenere che non basta auspicare l’uscita dalla crisi, quanto intervenire per attuare “un cambiamento di sistema” .
Cambiare il modo di vivere, di fare azienda, di formare noi stessi e i nostri collaboratori, anche chiedendo a Chi ne ha la responsabilità delegata, di attuare strategie politiche lungimiranti che possano dare ai giovani un futuro anche ridimensionando le pur condivisibili attese contingenti.
Rimanendo al tema di oggi, dovremmo pensare a quale possa essere un welfare dove l’Azienda  si apre al territorio dove vivono i collaboratori, dove, in un nuovo modo di relazionarci, si guardi anche ai bisogni delle persone, oggetto di stravolgimento nel rapporto tra cittadini e Stato.
Dove gli equilibri tra bisogni e costi sostenibili hanno portato una deriva di impoverimento di milioni di famiglie.
Forse si dovrebbe andare alla ricerca di un welfare verso un nuovo modo di gestire un cambio di sistema, dove l’interazione tra datori di lavoro e collaboratori avvicini maggiormente gli uni agli altri in una convenienza reciproca.
Anche per questo nel Forum odierno abbiamo anche la presenza inusuale di un Istituto bancario, nella persona di Raffaele Scotti e di una Istituzione locale, il Comune di Alessandria, rappresentato dall’Assessore Gianni Ivaldi.
Sintetizzando, se allora abbiamo valutato il welfare un “problema di costo”, oggi forse occorre riflettere su “quanto costerebbe il non welfare”.
Sono a questo punto subentrate alcune riflessioni del dott. Bessone che ha evidenziato quanto le politiche sociali abbiano la loro sede naturale nel territorio, nei luoghi dove si produce e riproduce l’esistenza, dove si organizza il lavoro, dove si costruiscono le reti naturali della convivenza, dove si esprimono i bisogni, si manifestano i conflitti ed infine, dove si può realizzare la solidarietà.
Nell’attuale economia della conoscenza e della comunicazione, la globalizzazione, il lavoro che non c’è o che improvvisamente scompare, la precarietà dei nuovi e differenti lavori, la presenza crescente di immigrati ed anziani, il ruolo della donna, le nuove povertà e le nuove solitudini rappresentano per le comunità locali problemi e responsabilità in forme e misure inedite e, a volte,  di difficile interpretazione.

Se si vuole utilizzare una cornice concettuale per la nascita di un nuovo welfare aziendale nel nostro Paese si può fare riferimento al principio di sussidiarietà orizzontale nei confronti delle Parti sociali e di sussidiarietà verticale nei confronti degli ambiti territoriali e del Governo locale.
Naturalmente l’Azienda, con questo tipo di politica, ha interesse e lo può esplicitare nell’avere un dipendente più motivato e partecipe nell’ambito della dialettica dello scambio lavoro-salario. In altre parole, un ruolo propositivo e fattivo dell’Impresa che ambisce ad esplicitare una sua dimensione di responsabilità sociale in un dialogo costante con il resto dell’esistenza territoriale, i sindacati, le altre imprese, i governi locali, ecc..

Alcune ipotesi di welfare aziendale:

-         tutela del diritto alla salute, con un fondo di assistenza sanitaria integrativa per dipendenti e familiari;
-         interventi alle pratiche di work-life balance, come asili nido, lavanderia, disbrigo pratiche, shopping aziendale;
-         sostegno economico alla maternità;
-         sostegno alla coppia genitoriale con prole piccola, babysitteraggio, ecc,;
-         voucher care socio-sanitari per le famiglie con anziani non autosufficienti o con figli disabili;
-         libri, borse di studio, soggiorni estivi per minori.

Se invece di pensa ad un welfare aziendale di comunità e/o territorio, coinvolgendosi con
-         pool di aziende aderenti;
-         comuni di riferimento;
-         istituzioni locali interessate (ASL, consorzi socio-assistenziali);
-         organizzazioni sindacali territoriali;
-         cooperazione sociale e terzo settore;

ipotesi progettuali:
-         costituzione di un fondo ad opera delle imprese;
-         definizione degli ambiti di intervento;
-         analisi del contesto territoriale;
-         determinazione degli ambiti di intervento.

Pemessa questa sventagliata di ipotesi di welfare, il dott. Bessone auspicherebbe che il work- shop odierno potesse individuare un progetto comune, anche limitato, da poter perseguire in tempi brevi.

La dott. Novello, dell’Area Risorse Umane Solvay, prima di costituire ed operare con gruppi di lavoro, traccia brevemente una sintesi del welfare, dalle prime iniziative “tutto a tutti”, l’inevitabile crisi del sistema ed infine l’altrettanto inevitabile ricorso al welfare aziendale.

Vengono pertanto costituiti tre gruppi di lavoro che dovrebbero individuare analisi ed obiettivi tra cui il completamento retributivo, l’integrazione della normativa contrattuale nazionale, l’incremento dei servizi, l’organizzazione del lavoro e quant’altro.

Al termine di un’ora e mezza di lavoro dei tre gruppi, la riunione riprende in plenaria per valutare le rispettive analisi. Le valutazioni complessivamente emerse hanno portato una particolare attenzione a varie tematiche così sintetizzabili.

Nell’attuale situazione di crisi, il welfare può diventare una parte non minoritaria dell’aspetto economico/retributivo nel rapporto di lavoro: può diventare interessante per il dipendente per compensare un costo sempre maggiore di servizi che le Istituzioni non sono più in condizione di sopportare e possono anche rappresentare un costo minore per l’imprenditore rispetto all’incremento salariale vessato dal cuneo fiscale (salario lordo - salario netto).

La compartecipazione interaziendale al welfare può sicuramente aiutare per raggiungere costi meno gravosi che se affrontati dalle singole aziende avrebbero un minor beneficio. Come altrettanto la partecipazione ai costi (impresa e dipendenti, anche con incidenze proporzionalmente diverse) può raggiungere incidenze interessanti diverse dagli attuali costi di mercato.

L’aumento dei volumi dei partecipanti (massa critica/più aziende-più dipendenti) dovrebbe ottenere risultati positivi sui costi complessivi ed individuali.

Un welfare aziendale idoneo sarebbe sicuramente utile a migliorare il clima aziendale ed il concetto di “appartenenza” all’azienda stessa.

Non si può prescindere da una accurata comunicazione sul tema, sia in azienda che all’esterno, magari anche con indagine informativa e adeguata inchiesta con il personale.

Necessità di creare una specifica “cultura” sull’argomento, sia nei confronti dei dipendenti che nei confronti della Proprietà e delle dirigenze aziendali: senza la partecipazione convinta di entrambe le parti gli ostacoli sarebbero probabilmente insormontabili.

Analogamente è necessaria la condivisione con le parti sindacali interne ed esterne, queste ultime soprattutto in caso di compartecipazione tra aziende.

Importanza di un’analisi del territorio, anche per valutare le materie di intervento: a titolo esemplificativo, una mensa interaziendale od un asilo nido possono avere un senso in un’area industriale delimitata, mentre un’assistenza integrativa sanitaria o una convenzione con professionisti o una cooperativa d’acquisto può prescindere dall’area stessa.

L’individuazione di temi condivisi ha portato a sottolineare, anche per rispondere all’obiettivo di essere propositivi anche su piccoli, ma immediati progetti, all’opportunità di asili nido, alla copertura sanitaria integrativa, alle convenzioni, all’impiegabilità di figli di dipendenti anche con scambi interaziendali.

Su alcuni di questi argomenti è stato sottolineato che l’assistenza sanitaria integrativa è già stata regolamentata da alcuni contratti nazionali, senza dimenticare l’eventualità del Fasi Open; che le convenzioni contengano qualcosa di veramente innovativo, in quanto esistono già convenzioni di qualsiasi livello e con una pletora di proponenti.

Prima di passare alle conclusioni il dott. Scotti ha manifestato la disponibilità del suo Istituto bancario ad esaminare eventuali convenzioni con aziende e dipendenti interessati, ovviamente conoscendone le quantità numeriche; l’Assessore Ivaldi ha confermato la disponibilità del Comune di Alessandria a partecipare, nel limite delle attuali difficoltà, anche mettendo a disposizione uffici e strutture comunali; la dott.ssa Maso è intervenuta sulla formazione finanziata da Fondirigenti, anche sottolineando la possibilità di finanziare iniziative come i Forum dei Direttori del Personale previa approvazione di specifico progetto.

Com’è consuetudine le conclusioni del dibattito sono state lasciate al dott. Bramardi che non si è attardato ai temi generali, già profondamente trattati nel corso del Forum, ma ha voluto sottolineare che le linee progettuali e di guida possano essere – a suo giudizio due- in alternativa, ma anche in parallelo.
Una, che potremmo definire “minimalista”, individuando uno o due temi, anche a costo limitato, da perseguire in tempi medio-brevi, con la partecipazione di un ristretto numero di Aziende disponibili.
Una seconda, sicuramente più ambiziosa, che preveda un progetto vero e proprio da impostare a livello provinciale o comunque più ampio, che abbracci complessivamente un welfare ad ampio raggio al quale possano partecipare – previa idonea comunicazione e relativa disponibilità – un sempre maggior numero di Soggetti disponibili.
Promotori e coordinatori del progetto potrebbero essere Federmanager e Confindustria provinciali che, come primo atto, potrebbero divulgare l’iniziativa tramite informativa agli associati/iscritti, se del caso inviando la sintesi dell’odierno Forum.
Se il tutto avesse un certo successo si potrebbe programmare una specifica riunione – Welfare atto 3° (progetti comuni) – da programmare nel prossimo autunno per la definizione del progetto e delle relative modalità.
E’ giusto sottolineare che le Aziende, in questo difficile momento, hanno ben altri problemi da affrontare, ma alcune considerazioni – emerse anche nel corso del Forum – fanno pensare che il momento difficile che si sta attraversando potrebbe anche non essere di eccessivo ed assoluto ostacolo.
La condivisione del costo, ove questo fosse e non a costo zero come anche auspicato, potrebbe significativamente abbassarlo a livello di tollerabilità e ci potrebbe anche essere una disponibilità dei collaboratori e delle rappresentanze sindacali a moderazioni rivendicative compensate da servizi sociali che le istituzioni non sono e non saranno più in condizione di fornire e/o compensazioni in produttività aziendale.

A questo proposito, un interessante articolo di Cristiano Gori – a questo proposito – su Il Sole 24 ore del 27 maggio 2013 sottolinea che i milioni di Euro che lo Stato stanzierà per i fondi delle politiche sociali nel 2014 sono 199; quest’anno i fondi ammontano a 766 ed erano 2562 nel 2008: significa una riduzione del 92% dal 2008 al 2014!!!  Su questi presupposti, essere attori del cambiamento rappresenterebbe sicuramente un atto di grande responsabilità imprenditoriale e manageriale. 

Nessun commento: