L’innovazione è il principale motore per la crescita
economica, ma creare un sistema di imprese che investano e scommettano sulla
ricerca non è cosa semplice e richiede il contributo di tutte le parti sociali.
Anche il sindacato dovrebbe perciò riflettere sugli effetti delle richieste che
avanza.
LA LEZIONE DI MARGARET THATCHER
Per esempio, negli anni Ottanta il sindacato inglese si
oppose con forza al passaggio dalla fotocomposizione al computer nella
produzione di giornali. Allo stesso modo, il sindacato ostacolò un aumento
nell’automazione nelle miniere. È interessante vedere come oggi, in Italia,
siano i sindacati ad accusare i manager di non adottare nuove tecnologie. Nel
suo recente intervento alla conferenza di programma Cgil, la segretaria
generale Susanna Camusso ha sottolineato che in Italia c’è la necessità di “un
sistema di imprese che tornino a investire e scommettere sull’innovazione”.
Pure il segretario generale Fiom Maurizio Landini ha più volte posto l’accento
sulla scarsa propensione di Fiat a puntare sull’innovazione e sulla ricerca.
L’innovazione è effettivamente il principale motore per la
crescita economica di imprese, industrie ed economie nazionali. Le nuove
tecnologie, aumentando la produttività delle imprese, rendono possibili aumenti
salariali e riduzioni delle giornate lavorative. L’introduzione di nuovi
prodotti aiuta le imprese a guadagnare quote di mercato e ad assumere
manodopera. Ovvia è dunque la richiesta da parte dei sindacati a innovare di
più, a investire in ricerca, a sviluppare nuove tecnologie e a lanciare nuovi
prodotti. Sono inoltre comprensibili le accuse al top management di non
investire in ricerca e di non scommettere adeguatamente sull’innovazione.
Ma se un’impresa non investe in innovazione è esclusivamente
colpa dei manager?
Va esclusa la possibilità che una forte presenza sindacale
abbia effetti negativi sulle strategie innovative di un’azienda?
ESEMPI AMERICANI
Sono al corrente di tre studi che hanno esaminato la
relazione tra sindacato e innovazione negli Stati Uniti. Tali studi hanno dato
risultati simili: più forte è la presenza sindacale in un’impresa, minore è la
performance innovativa della stessa. Nel più recente, si guarda alle
conseguenze dell’introduzione della rappresentanza sindacale sugli investimenti
nella ricerca e sulla propensione a ottenere brevetti. Lo studio è concentrato
sul periodo che va dal 1977 al 2010. Gli autori comparano imprese in cui la costituzione
di un sindacato è approvata solo per pochi voti con aziende simili in cui la
votazione ha dato esito negativo solo per pochi voti. Questa metodologia, e
altri test statistici condotti nello studio, suggeriscono che non è un calo
della performance innovativa a generare una crescita nella rappresentanza
sindacale, bensì è la rappresentanza sindacale a causare meno innovazione.
Secondo le stime dello studio, quando i lavoratori di
un’impresa costituiscono un sindacato si verifica una riduzione nel numero di
brevetti ottenuti dall’impresa dell’ordine di 20-40 per cento all’anno. Allo
stesso modo, la de-sindacalizzazione di un’impresa genera un incremento del
15-25 per cento nel numero di brevetti. Inoltre, la presenza sindacale non è
associata a una riduzione negli investimenti in ricerca e sviluppo, ma è
accompagnata da una forte riduzione nella produttività degli investimenti
stessi. Si osservano meno brevetti per dollaro investito in ricerca e i
brevetti ottenuti sono di minor qualità ed hanno un impatto tecnologico più
modesto.
Questi studi offrono solo qualche congettura sui precisi
meccanismi per cui la presenza sindacale abbia un effetto così negativo sulla
performance innovativa. Da un lato, ci può essere una naturale tendenza da
parte dei sindacati a ostacolare lo sviluppo e l’adozione di tecnologie che
richiedono una riqualificazione professionale o che possono generare una
perdita di posti di lavoro.
Dall’altro, è possibile che una forte presenza sindacale
crei eccessiva omogeneità nelle remunerazioni aziendali e non permetta di
offrire strutture salariali che incentivino creatività e innovazione.
Tutti questi studi sono basati su dati americani, è ancora
da valutare se l’effetto sia simile sulle aziende europee o italiane. Ciò
nonostante, penso che i risultati debbano far riflettere. È chiaro che
l’innovazione è fondamentale per la crescita economica e per il benessere dei
lavoratori.
La letteratura economica ha pure dimostrato che la scelta e
la remunerazione del top management hanno un ruolo fondamentale per la
performance di un azienda e il suo successo innovativo.
Tuttavia, creare un sistema di imprese che investano e
scommettano sull’innovazione non è cosa semplice e richiede il contributo di
tutte le parti sociali.
Un’importante lezione che Margaret Thatcher ci ha insegnato
è che non solo il governo e i top manager, ma anche il sindacato deve
riflettere sull’effetto delle proprie richieste, sulla propensione a investire
in ricerca da parte di aziende, università e altre entità innovative.
Alberto Galasso
Nessun commento:
Posta un commento