Come anticipato, il ricorrente
è un lavoratore che, ricevuta una contestazione disciplinare, era stato
licenziato senza preavviso dalla società datrice di lavoro essendo emersa – a
seguito di una verifica sul PC aziendale
– una sua “attività in palese
concorrenza” con la società stessa. Per ragioni infatti di “incompatibilità dei
sistemi” (il portatile incriminato era un MAC), ogni settimana il computer
veniva lasciato in sede per operazioni di backup dei dati effettuate
manualmente, non essendo possibile un salvataggio automatico dei medesimi. In
particolare, tali procedure di backup venivano eseguite “a soli fini aziendali,
per proteggere i dati aziendali e garantire la continuità dell’operatività
dell’impresa”; inoltre, come specificato nel regolamento aziendale affisso, qualsiasi
uso del sistema informativo della società diverso da “finalità strettamente
professionali” era espressamente vietato. I lavoratore lamentava tuttavia che,
in occasione di detto processo di salvataggio, il datore aveva illecitamente
verificato il contenuto di alcuni suoi file di carattere personale raggruppati
in cartelle nominate “mio” o appunto “personale”, oltre ad aver indebitamente
effettuato l’accesso a Skype con il proprio account. Detto comportamento non
solo violava i generali principi di correttezza e liceità, ma appariva del
tutto illegittimo poiché l’impresa non aveva pubblicizzato una policy interna
sull'uso degli strumenti informativi aziendali e non aveva informato il
dipendente delle modalità di controllo del portatile. Il ricorrente richiedeva
dunque che i file personali fondanti la nota di contestazione disciplinare non
venissero ulteriormente trattati, con conseguente loro cancellazione.
Il datore di lavoro, dal
canto suo, aveva sottolineato che i backup settimanali non rientravano in
procedure specifiche di controllo, ma si erano rese necessarie in quanto – per
le citate ragioni di “incompatibilità dei sistemi” – il dipendente “ometteva
spesso di salvare i dati contenuti nel PC in sua dotazione nelle cartelle
appositamente create nel server aziendale”. Tale impossibilità di un
salvataggio automatico era stata preventivamente comunicata al dipendente
stesso al momento dell’assunzione, che era quindi a conoscenza del bisogno di
backup manuali. Inoltre, l’impresa negava categoricamente il presunto accesso
all'account privato Skype del lavoratore, non essendone tra l’altro mai stata a
conoscenza.
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