giovedì 3 febbraio 2011

Occupazione dei giovani, la loro formazione e la patrimonializzazione nelle Aziende

Ormai da tempo, produzioni e modi di produrre sono cambiati e ciò è dovuto soprattutto al fatto che le cosiddette “produzioni semplici e/o di massa” – salvo pochi casi e, in ogni modo, accompagnate da sistemi produttivi altamente qualificati e tecnologicamente avanzati – sono diventate patrimonio di Paesi a basso costo lavoro e, se ancora previsti, sia pure in quantità marginale, svolte da personale immigrato ed a bassa qualificazione.
L’esigenza di una sempre più elevata formazione è diventata un costante patrimonio culturale e gestionale delle nostre Imprese, senza peraltro dimenticare che una significativa tradizione formativa non è certo una novità del nostro mondo produttivo: basti pensare all’apprendistato, che sia pure tra alti e bassi, soprattutto per chi lo riteneva una forma di sfruttamento minorile, ha rappresentato una costante formativa che ha consentito a tanti giovani di diventare qualificati tecnici ovunque apprezzati

La scuola purtroppo non ha, né soprattutto lo fa, oggi: gli Istituti professionali non sono molto apprezzati dai nostri giovani che preferiscono altri tipi di studio - che peraltro non assicurano altrettante possibilità occupazionali - ed inoltre non sempre usufruiscono di docenti tecnicamente all’altezza delle effettive esigenze aziendali. A questo proposito sarebbe opportuno, ove possibile, “imprestare” come esperti/docenti, i nostri tecnici che, oltre a mettere a disposizione le proprie conoscenze ed esperienze, avrebbero anche la possibilità di conoscere e farsi conoscere dai ragazzi favorendo una selezione per eventuali, future assunzioni nella propria Azienda. Creando inoltre uno spirito aziendalistico a chi questo mondo non conosce o ne ha una sensazione distorta. Rimane sempre opportuna in ogni modo la pratica degli stage/tirocini, dal punto di vista di una reciproca disponibilità ed attitudine sul campo.

La prima e più semplice attività di formazione è pur sempre quella dell’affiancamento ad operai e tecnici già qualificati ed esperti, ma la messa a punto di piani formativi che uniscano alla fase più elementare aspetti maggiormente scientifici, sul campo ed in aula, sarebbero da percorrere il più possibile: non sempre ciò è praticabile soprattutto nelle piccole e medie imprese ed in particolar modo quando l’esigenza primaria è la produzione per rispondere alle sempre più isteriche esigenze di mercato; c’è peraltro chi “ha approfittato” opportunamente della crisi e dei tempi liberi che si sono purtroppo creati per investire in pratiche formative.

Nell’ambito della formazione, inoltre, sarebbe opportuno anche trovare spazio per la cosiddetta “plurimansionalità”, utile per le aziende, ma anche per i collaboratori che in tale specializzazione possono trovare una maggiore garanzia per la loro occupazione.

La realtà imprenditoriale di questi tempi fa ormai pensare che lo slogan “piccolo è bello” non è più molto attuale: le aggregazioni tra Aziende sono diventate all’ordine del giorno, se non addirittura le acquisizioni da parte di imprese più grandi e, a volte, di Gruppi multinazionali.
Per cui si rende necessario in questi casi un adattamento ai reciproci assetti formativi, portando ciascuno le proprie esperienze e le proprie metodologie.

Prescindere dalla formazione non è più possibile, se si vuole essere in linea con le attuali esigenze ed essere pronti ad accettare le sfide che i mercati ci impongono e questo ad ogni livello, operaio impiegatizio, quadri ed anche dirigenti.

Formazione ed esperienza, una volta acquisite, diventano inevitabilmente patrimonio personale, ma ogni impresa dovrebbe operare attentamente affinché tale acquisizione diventi patrimonializzazione aziendale.
Un personale qualificato e specializzato, sia nella progettazione che nella produzione e nell’assistenza, concorre a determinare un prodotto di elevata qualità ed affidabilità. E’ una caratteristica che distingue l’azienda e che, unitamente ad altri indiscutibili aspetti, ne caratterizza l’eccellenza.

La fidelizzazione del personale - e del patrimonio che rappresenta – è un obiettivo a questo proposito da perseguire, favorendo idonee condizioni di lavoro, economiche ed ambientali, creando sintonia con quanto il collaboratore auspica, favorendo possibilità di crescita e prevedendo, per quanto possibile, prospettive di durata nel tempo.
Certe pratiche del passato – forse un po’ meno nel presente – che per semplicità definiamo mobilità e magari anche “furto” di personale specializzato – furono origine di tanti guai, anche in chi doveva istituzionalmente gestire al meglio questo fenomeno e soprattutto ad indiscutibile detrimento di chi – Azienda – lo aveva formato, spendendo tempo e denaro.

E qui si potrebbe porre un legittimo interrogativo: è giusto che un’Impresa non possa privarsi di un dipendente con cui è venuta meno la fiducia ed al contrario un collaboratore possa andarsene quando vuole e/o gli conviene?
Ma questo è un altro tema. Ne parleremo semmai un’altra volta.

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