martedì 1 febbraio 2011

In Bulgari Gioielli spa il VII Forum Direttori HR : AZIENDE IN CAMBIAMENTO –

VII Forum dei Direttori del Personale

Il 21 gennaio 2011, presso Bulgari S.p.A. in Solonghello, organizzato da Federmanager Alessandria, si è tenuto il settimo Forum dei Direttori del Personale per un dibattito/confronto sul tema:

AZIENDE IN CAMBIAMENTO –
Formazione e patrimonializzazione delle esperienze.


Hanno partecipato quindici Direttori del Personale ed esperti di relazioni industriali, con alcune sopraggiunte assenze dovute ad improvvise esigenze aziendali.
L’incontro ha avuto come prologo il benvenuto del dr. Slanzi, HR Manager e della dr.ssa LaVia, Executive Director Sviluppo, Formazione e Selezione, entrambi di Bulgari Goielli S.p.A., che hanno evidenziato gli obiettivi dell’incontro presentando altresì la struttura societaria cui è seguita una visita dello stabilimento di Solonghello e della splendida location dello stesso.
Rientrati in aula, al dr. Bramardi è stato affidato l’incarico di introdurre il tema del Forum: ha preliminarmente evidenziato come la realtà imprenditoriale dei nostri giorni faccia ormai pensare che lo slogan “piccolo è bello” non sia più molto attuale; le aggregazioni tra Aziende sono ormai diventate all’ordine del giorno, se non addirittura le acquisizioni da parte di Imprese più grandi e, a volte, di Gruppi multinazionali.

Produzioni e modi di produrre sono mutati e ciò è dovuto in gran parte al fatto che le cosiddette produzioni semplici e/o di massa – salvo casi limitati e comunque posti in essere con sistemi produttivi altamente qualificati e tecnologicamente avanzati - sono diventate esclusiva di Paesi a basso costo lavoro e, se ancora da noi esistenti, svolte da personale immigrato e a bassa qualificazione.
In queste nuove realtà integrate si rendono pertanto necessarie politiche industriali tese ad assimilare le reciproche esperienze e le proprie metodologie, per cui la parte formativa rappresenta uno degli aspetti salienti.
L’esigenza di una sempre più elevata formazione è diventata un costante patrimonio culturale e gestionale delle nostre Imprese, senza peraltro dimenticare che una significativa tradizione formativa non è certo una novità del nostro mondo produttivo: basti pensare all’apprendistato, che sia pure tra alti e bassi, soprattutto per chi lo riteneva una forma di sfruttamento minorile, ha rappresentato una costante formativa che ha consentito a tanti giovani di diventare qualificati tecnici ovunque apprezzati.
La scuola – ha proseguito Bramardi – non ha molto aiutato, nè soprattutto lo fa oggi: gli Istituti professionali non sono molto apprezzati dai nostri giovani che preferiscono altri tipi di studio - che peraltro non assicurano altrettante possibilità occupazionali - ed inoltre non sempre usufruiscono di docenti tecnicamente all’altezza delle effettive esigenze aziendali; a questo proposito sarebbe opportuno, ove possibile, “imprestare” come esperti/docenti nostri tecnici che, oltre a mettere a disposizione le proprie conoscenze ed esperienze avrebbero anche la possibilità di conoscere e farsi conoscere dai ragazzi favorendo una selezione per eventuali, future assunzioni nella propria Azienda e creando uno spirito aziendalistico a chi questo mondo non conosce o ne ha una sensazione distorta. Rimane sempre opportuna comunque la pratica degli stage/tirocini, nell’ottica di una reciproca disponibilità ed attitudine sul campo.
La prima e più semplice attività di formazione è pur sempre quella dell’affiancamento ad operai e tecnici già qualificati ed esperti, ma la messa a punto di piani formativi che uniscano alla fase più elementare aspetti maggiormente scientifici, sul campo ed in aula, sarebbero da percorrere il più possibile: non sempre ciò è praticabile soprattutto nelle piccole e medie imprese ed in particolar modo quando l’esigenza primaria è la produzione per rispondere alle sempre più isteriche esigenze di mercato; c’è peraltro chi “ha approfittato” opportunamente della crisi e dei tempi liberi che si sono purtroppo creati per investire in pratiche formative.
Nell’ambito della formazione, inoltre, sarebbe opportuno anche trovare spazio per la cosiddetta “plurimansionalità”, utile per le aziende, ma anche per i collaboratori che in tale specializzazione possono trovare una maggiore garanzia per la loro occupazione.
Prescindere dalla formazione non è più possibile se si vuole essere in linea con le attuali esigenze ed essere pronti ad accettare le sfide che i mercati ci impongono e questo ad ogni livello, operaio, impiegatizio, quadri ed anche dirigenti.

Formazione ed esperienza- ritiene Bramardi – una volta acquisite diventano ovviamente patrimonio personale, ma ogni impresa dovrebbe operare attentamente affinché tale acquisizione diventi patrimonializzazione aziendale.
Un personale qualificato e specializzato, sia nella progettazione che nella produzione e nell’assistenza, concorre a determinare un prodotto di elevata qualità ed affidabilità. E’ una caratteristica che distingue l’azienda e che, unitamente ad altri indiscutibili aspetti, ne caratterizza l’eccellenza.
La fidelizzazione del personale - e del patrimonio che rappresenta – è un obiettivo a questo proposito da perseguire, favorendo idonee condizioni di lavoro, economiche ed ambientali, creando sintonia con quanto il collaboratore auspica, favorendo possibilità di crescita e prevedendo, per quanto possibile, prospettive di durata nel tempo.
Certe pratiche del passato – forse un po’ meno nel presente – che per semplicità definiamo mobilità e magari anche “furto” di personale specializzato – furono origine di tanti guai, anche in chi doveva istituzionalmente gestire al meglio questo fenomeno e soprattutto ad indiscutibile detrimento di chi – Azienda – lo aveva formato, spendendo tempo e denaro.

E qui – ha concluso Bramardi – si potrebbe porre un legittimo interrogativo: è giusto che un’Impresa non possa privarsi di un dipendente con cui è venuta meno la fiducia ed al contrario un collaboratore possa andarsene quando vuole e/o gli conviene?
Ma questo è un altro tema. Ne parleremo semmai un’altra volta. Rimaniamo pertanto in argomento e vediamo come si vive il cambiamento in Bulgari.

Il dr. Slanzi ha iniziato la sua testimonianza con una celebre citazione di Winston Churcill:

“Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”

Questo motto ben si adatta alla realtà Bulgari, quando, alcuni anni or sono – ancora in presenza della società Crova – ci si rese conto che era indispensabile fare un passo in avanti.
La cultura artigianale che aveva caratterizzato la Crova e che ne aveva fatto una significativa realtà imprenditoriale, non appariva più sufficiente ad affrontare un difficile Settore quale stava diventando l’oreficeria e tra i vari scenari possibili che si presentavano si optò per una sempre più fattiva ed approfondita collaborazione con la società Bulgari, già notevole cliente , fino ad arrivare ad una vera e propria acquisizione avvenuta nel 2005.
Furono ovviamente necessari alcuni anni di adattamento passando attraverso varie fasi: dal compiacimento per quello che si era fatto e realizzato nella preesistente realtà ad un certo “rifiuto” per le novità che si venivano via via creando, al rinnovamento che impegnava fortemente tutte le componenti aziendali ed infine all’effettivo cambiamento.
In queste fasi è stata determinante la funzione del management, in quanto punto di contatto tra due culture e strumenti di comunicazione del cambiamento stesso, alimentando e veicolando il flusso di informazioni verso i collaboratori.
E’ stato – e lo è tuttora – importante esplicitare e chiarire il “vissuto del cambiamento”, da parte degli attori organizzativi perchè si potesse - e si possa – elaborare e condurre a quella qualità dei risultati e delle relazioni cui il Gruppo Bulgari tende.

Arricchire infatti la conoscenza delle persone consente di valorizzare il contributo di professionalità e di appartenenza che ciascuno porta all’Azienda.
Per realizzare ciò è evidente la necessità di consolidare il bagaglio di competenze manageriali delle figure professionali che per posizione organizzativa costituiscono lo snodo tra le scelte strategiche del top management e la realizzazione operativa del business.
Emerge pertanto una esigenza legata al ruolo del management, completezza delle comunicazioni organizzative e maggiore chiarezza del ruolo del Responsabile.
Il Responsabile di produzione dello stabilimento – ad esempio – porta in Azienda una visione manageriale di matrice industriale, basata su tecniche di gestione strutturate, che potrebbe essere spunto per l’arricchimento dell’attuale modello manageriale con nuovi strumenti e nuove logiche.
Alla luce di queste informazioni HR training e development determina l’avvio di un processo di sviluppo del ruolo manageriale, che coinvolge l’intero gruppo di manager in attività formative e on the job.
La finalità è quella di creare un sistema gestionale basato su logiche di efficacia ed efficienza, attraverso l’utilizzo di strumenti comuni e la condivisione di dati oggettivi.
Ha rappresentato una grande importanza – ha concluso il dr. Slanzi – che il cambiamento e la formazione ad esso connessa sia arrivata – ed arrivi – dal management e dalle componenti interne anziché da un Consulente esterno che, per quanto bravo ed esperto possa essere, non è certo a conoscenza dei risvolti più profondi esistenti in qualsivoglia e complessa realtà imprenditoriale.
Nell’ambito della tavola rotonda programmata nel Forum, il dr. Lancerotto, Direttore Risorse Umane di Michelin Italiana SpA ha sottolineato che nel suo Gruppo industriale il cambiamento è una costante aziendale, impegnato nella ricerca del massimo equilibrio tra i valori del Gruppo stesso che si possono sintetizzare nel rispetto dei clienti, degli uomini, dell’ambiente, degli azionisti, nei fatti e nelle azioni conseguenti.
Nel cambiamento grande attenzione viene rivolta al Personale, nella valorizzazione delle dimensioni dell’accompagnamento, nello sviluppo delle competenze, nell’attenzione alle retribuzioni ed ai benefit, nella messa a punto di servizi al personale, nella gestione delle carriere, nelle relazioni azienda/dipendente, nelle relazioni sociali, nelle assunzioni e nell’integrazione dei nuovi ingressi, nell’ambiente e nella qualità di vita lavorativa.
Sempre nell’ambito degli interventi è emerso il fatto – in controtendenza – che in Bulgari, nonostante la crisi, vi sia stato un incremento del personale, anziché un ridimensionamento. Ciò è stato possibile – ha sottolineato la dr.ssa LaVia – tramite attività di formazione e sviluppo concentrandosi su particolari aree e “famiglie professionali”, quali “vendita”, “sviluppo delle persone”, “valutazione del personale”, “utilizzo di fondi” ad hoc. E’ peraltro da sottolineare che per oltre il 60% l’occupazione nel Gruppo è rappresentato da personale femminile.
E’ stato ancora evidenziato nel corso del Forum che anche la mobilità, per quanto amara e difficile da gestire, è una forma di cambiamento, senza dimenticare che a volte – anche se può ai profani sembrare un controsenso – da una parte si licenzia e dall’altra si assume, avvalorando l’esigenza di pensare e programmare la sostituzione di personale che se ne andrà.
Il cambiamento peraltro- è stato sottolineato – non riguarda solo le aziende, ma dovrebbe essere ben presente anche nelle persone: a titolo di esempio si è ricordato che un ingegnere, nelle mutate e mutabili situazioni attuali, non può pensare di fare sempre e soltanto l’ingegnere.
Importante nel cambiamento – ha ancora sottolineato Bulgari – soprattutto nel passaggio da una media azienda ad un grande Gruppo è che il personale abbia un forte sentimento di appartenenza all’azienda stessa ed una forte fiducia nel management, il tutto avvalorato da una significativa chiarezza iniziale e soprattutto all’arrivo con la realizzazione del programma.




La condivisione degli obiettivi, all’inizio e in corso d’opera, favorisce il cambiamento virtuoso e nelle esperienze dei partecipanti al Forum si sono manifestate nei dipendenti ben poche defezioni sia collaborative che fisiche.
E anche quando il cambiamento sembra epocale – come avvenuto in una primaria azienda alessandrina – quando un certo numero di impiegati vennero “riciclati” in operai e utilizzati in produzione, la condivisione ed il successivo superamento dell’emergenza dimostrarono che nell’industria moderna e globalizzata non possono esistere tabù insormontabili.

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