sabato 14 novembre 2009

La contestazione dell'Onda ed i professori sessantottini

La nostra posizione sulla scuola non cambia, quando è rivolta ai professori che appoggiano con complicità i manifestanti dell’Onda ad Alessandria
Luca Lavezzaro
Mario Bocchio


Nei giorni passati abbiamo più volte preso posizione in riguardo alle proteste contro la riforma Gelmini. Il nostro duro intervento comparso sui giornali locali, nei confronti degli insegnanti che appoggiano simili atti di inciviltà, basati sulla calunnia verso forze di polizia e dirigenti scolastici, verso ministri e pubblici amministratori crediamo, però, sia stato in qualche modo frainteso.
Affermando che i professori di stampo sessantottino abbiano nel tempo creato una generazione di alunni inetti e violenti, siamo convinti di non dire un’eresia e di circoscrivere molto bene il “raggio d’azione” del nostro attacco.

Non crediamo assolutamente che tutti i professori sentano di essere ed appartenere a quei sessantottini che, a partire dal diciotto politico o dal sei politico, alle lauree di gruppo, fino ad arrivare alle promozioni miracolose nel campo della sanità, in particolare della psichiatria, dove semplici infermieri vennero promossi, senza troppi sforzi al ruolo di psicologi che, ovviamente, comportava un carico di responsabilità professionali e morali ben superiori, hanno rovinato numerosi settori della Repubblica Italiana di cui, purtroppo, ancora oggi tutti paghiamo le conseguenze.
Non vogliamo pensare che ci siano persone che, per il solo fatto di aver vissuto il sessantotto o per aver insegnato in quegli anni, possano definirsi sessantottini con così tanta leggerezza.
La scuola italiana, che con la riforma Gelmini-Tremonti si è cercato di elevare qualitativamente, crediamo non possa permettersi di annoverare tra le sue fila quei professori e quel personale Ata che, pubblicamente, su tutti i mezzi di informazione locale e nazionale, ha sostenuto l’Onda Anti riforma Gelmini.
Il motivo della nostra affermazione, chiaramente, va ricercato nell’esempio positivo che i professori dovrebbero trasmettere ai giovani, agli studenti.
Nei casi di calunnie, di occupazioni turbolente seguite da atti di inciviltà urbana, come l’imbrattamento dei muri delle scuole cittadine, alcune delle quali recentemente ristrutturate, coloro che non intervengono o non sono intervenuti pur essendone preposti per incarico professionale crediamo che non lo facciano o non lo abbiano fatto per motivi di sola tolleranza delle diversità ideologiche o di manifestazione del pensiero ma, bensì, che fiancheggino o abbiano fiancheggiato con complicità, visti gli interessi contrattuali in gioco, un movimento che di democratico ed edificante, dal punto di vista della crescita civica e morale, non ha nulla.
I professori che, giustamente, si sono espressi in maniera critica verso le vigliacche calunnie anonime indirizzate al Preside dell’istituto “Saluzzo” Picchio, alla Polizia, ai Dirigenti Scolastici, con un atto di grande coscienza e professionalità, hanno assunto quella posizione pubblica che noi ci auspicavamo, in onore di tutta quella serie di regole e
norme morali che, comunemente, rappresentano l’educazione civica.
La critica di crescere ragazzi inetti ed incivili, ovviamente, non è da sollevare verso queste coscienze, maturate da anni ed anni di duro lavoro a contatto con gli studenti, verso questi professionisti che hanno cresciuto ed indirizzato verso il mondo di lavoro giovani, scalmanati e non, che da loro hanno tratto innumerevoli insegnamenti scolastici e di vita.
La lezione che dobbiamo e, soprattutto, i manifestanti devono trarre da questi professori, alcuni dei quali, tra l’altro, abbiamo avuto l’onore di conoscere personalmente, è il senso della civiltà, il senso della dignità e l’educazione che va oltre all’orientamento politico, che va oltre l’intimo assenso o rifiuto riguardo all’impostazione voluta per la scuola dal Ministro Gelmini.
Non tolleriamo, però, che si voglia utilizzare un nostro pensiero per renderlo banalmente l’emblema di quella che fu una delle cause degli anni di piombo, vera e propria guerra contro lo Stato, per sminuire i danni di quella rivoluzione sbagliata che fu il ’68, quella enorme diseducatività insita nell’imbrattare pubblici edifici, nello sperperare fondi pubblici che, quindi, appartengono alla collettività e non soltanto al movimento studentesco di protesta.
Affermare che i professori compiano enormi sforzi per insegnare, per correggere i compiti in classe, per i ricevimenti dei genitori, per l’assistenza dei ragazzi cosiddetti difficili, corrisponde alla verità e la condividiamo pienamente.
Ergere a difesa dei professori sessantottini l’inesistenza dei diciotto politici, del lassismo dei pubblici funzionari, dell’ inciviltà di certe squallide ed irritanti proteste, spendendo richiami alla carta di Oxford, al pensiero di Gaetano Martino, al fascismo, al becerismo, così come abbiamo avuto modo di desumere dalla lettera dell’amico Antonio, però, non ci pare possa corrispondere alla verità storica del nostro Paese.

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