giovedì 14 febbraio 2008

RELAZIONI PERICOLOSE

Relazioni pericolose
di Fabiano Schivardi e Francesco Lippi - Riprodotto dal sito www.lavoce.info)
L'invecchiamento della classe dirigente italiana è un fatto ben documentato, solo in parte riconducibile a cause demografiche. (1) Di per sé, il fenomeno non è necessariamente indicatore di un problema: in assenza di frizioni la scelta dei manager si basa sul merito e l'età non gioca alcun ruolo nella selezione; una classe dirigente "vecchia" indicherebbe che gli anziani sono mediamente più abili dei giovani, ad esempio grazie all'esperienza. (2)
Molti osservatori, tuttavia, avanzano il sospetto che la fitta presenza di ultrasettantenni nelle posizioni strategiche in Italia non rifletta una maggiore abilità di gestione, ma derivi da barriere che ostacolano l'accesso dei giovani alle posizioni di potere. Colpisce, ad esempio, la ristrettezza della cerchia entro cui vengono selezionati i manager, specialmente, ma non solo, quelli di nomina pubblica.Molti sono i nomi in circolazione da decenni che periodicamente ricompaiono, nei settori più disparati, raramente sostenuti da una storia di risultati di gestione eccellenti.
L'importanza del network
Quale motivo può indurre una selezione dei dirigenti che premia l'anzianità (anagrafica e di servizio) a scapito dell'efficienza? Secondo la letteratura aziendale, l'affermazione di un manager non dipende solo dalle sue capacità operative, ma anche da quelle relazionali e dal fatto di appartenere a un network. Questa ipotesi aiuta a interpretare il fenomeno dell'invecchiamento in Italia. La distribuzione del talento relativo alla gestione aziendale è variabile tra i giovani come tra i vecchi: produttività ed età sono, in generale, indipendenti. Ma lungo un'altra dimensione, quella sociale, gli anziani dominano i giovani per l'appartenenza a una rete di relazioni, gruppi di interesse o lobby politiche. La rete si costruisce principalmente col tempo, e i giovani sono quindi meno "connessi" degli anziani. Assumere un manager con cui si condividono frequentazioni e contatti facilita all'azionista di controllo il perseguimento di obiettivi diversi dalla pura massimizzazione del valore, quali politiche di assunzione che creino consenso (importanti per un controllante di natura politica), scelte aziendali che favoriscano l'affermazione, il prestigio e il potere di una famiglia o lobby. Se chi controlla l'impresa affianca all'obiettivo della gestione efficiente quello di un management legato a un network, il manager vecchio viene preferito al giovane, a parità di talento. Questa ipotesi ha implicazioni chiare sulla relazione fra età del management e produttività. (4) Quanta più importanza si attribuisce all'appartenenza a un network rispetto alla pura capacità di gestione, tanto maggiore è la quota di manager anziani in azienda e tanto minore la produttività complessiva dell'impresa: l'appartenenza fa premio sull'efficienza. Al contrario, tra le aziende che hanno come unico obiettivo l'efficienza produttiva (e non sono quindi interessate al capitale relazionale in sé), età dei dirigenti e produttività sono indipendenti: la selezione avviene solo in base alla capacità.
La verifica empirica
Per una verifica empirica di questa ipotesi abbiamo utilizzato dati su circa mille imprese manifatturiere italiane fra l'inizio degli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta. Le imprese sono state classificate in cinque gruppi, a seconda che la natura del controllante fosse persona fisica/famiglia, operatore pubblico (Stato, enti locali eccetera), holding di imprese, società finanziaria o controllante estero. La nostra congettura è che le imprese familiari, quelle pubbliche e, in alcuni casi, quelle appartenenti a gruppi siano inclini a perseguire obiettivi diversi dalla semplice massimizzazione del valore e quindi più interessate a selezionare manager all'interno di determinati network. Ad esempio, un politico si potrebbe servire dell'impresa per favorire la propria rielezione, anche a scapito dell'efficienza; una famiglia può trarre dall'impresa prestigio e riconoscimento sociale; holding industriali possono favorire certe imprese del gruppo rispetto ad altre nelle transazioni infra-gruppo. L'analisi empirica analizza il legame tra la produttività a livello di impresa (calcolata come produttività totale dei fattori, Ptf) e l'età dei manager (misurata dall'età media dei manager dell'azienda) in ciascuno dei cinque gruppi.I risultati indicano che produttività ed età dei manager sono negativamente correlate per le imprese a controllo pubblico. L'elasticità è unitaria: aumentando del 10 per cento l'età dei manager, si riduce di altrettanto la Ptf. Inoltre, coerentemente con la nostra ipotesi, l'età (media) dei manager nelle aziende a controllo pubblico è più alta rispetto al resto del campione (di circa 1,5 anni). Se queste imprese avessero un management con la stessa età delle altre, la loro produttività crescerebbe fra il 3 e il 6 per cento. La relazione fra età dei manager e Ptf è negativa anche per le imprese familiari, con un'elasticità che varia fra il 10 e il 25 per cento e, in maniera meno netta, per quelle controllate da una holding. Non emerge, invece, nessuna relazione sistematica tra produttività ed età dei manager per le imprese controllate da istituzioni finanziarie o da società estere. Ciò avvalora l'ipotesi che questo tipo di controllanti siano meno interessati a obiettivi diversi dalla pura massimizzazione del valore dell'impresa. (5)
Alitalia, una cartina di tornasole
L'evidenza è in linea con un'interpretazione dell'invecchiamento della classe dirigente italiana che, come ipotizzato da molti, è sintomo di un malfunzionamento dell'economia. La radice del problema è la preferenza dei controllanti per manager "connessi", anche a discapito dell'efficienza produttiva: "buone" frequentazioni valgono più di un buon curriculum. Chi è interessato a questi temi seguirà con interesse la privatizzazione dell'Alitalia: sarà pilotata verso imprenditori "amici", i quali a loro volta nomineranno i manager pescando dalla solita cerchia di nomi? Oppure per una volta si utilizzerà il criterio delle capacità imprenditoriali indipendentemente dall'appartenenza a un network, magari con un amministratore delegato che non fosse già tale ai tempi dello sbarco sulla luna? (1) Non si osserva in altri paesi che registrano un simile invecchiamento della popolazione.(2) Il recente contributo di Francesco Daveri su questi sito commenta l'esperienza finlandese, dove il rapporto fra anzianità di servizio e produttività varia a seconda del settore considerato, si veda http://www.lavoce.info/news/view.php?id=10&cms_pk=2539&from=index. (3)Si veda ad esempio l'articolo di Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera del 10.1.2007. (4)Il modello teorico, i dati utilizzati e i test empirici sottostanti a questa nota si basano su un lavoro in corso di preparazione, a cura degli autori. (5) Risultati simili si ottengono utilizzando l'anzianità di servizio come misura di appartenenza a un network: anche in questo caso, la relazione fra Ptf e anzianità di servizio è negativa per le imprese familiari e per quelle pubbliche, che hanno anche la quota più alta di manager da lungo tempo impiegati nell'azienda.

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