mercoledì 3 febbraio 2021

Next Generation EU e meritocrazia in Italia

Nella IV Giornata Nazionale del Merito che si è tenuta il 15/10/2020 sono stati presentati i dati del Meritometro 2020, che fotografa il livello di merito dell’Italia in relazione ai 12 Paesi analizzati.

Il Meritometro è basato su 7 criteri di valutazione:

1.    1Libertà

2.    2Pari opportunità

3.    3Trasparenza

4.    4Regole

5.    5Mobilità sociale

6.    6 Attrattività dei Talenti

7.    7Sistema educativo

Nel ranking 2020 è consolidata la predominanza dei Paesi Scandinavi seguiti da Paesi come Olanda, Germania, Gran Bretagna, Austria e Francia con performance altalenanti e seguiti da Polonia e Spagna. Ultima l’Italia ferma al palo. Purtroppo questo dato è negativo sia riferendolo all’indice complessivo (24,13 contro 67,86 della Finlandia o 63,21 della Svezia) sia a quello di ciascuno dei 7 criteri.

La maggiore negatività è riferita alla “Libertà”, “Trasparenza”, “Sistema educativo” con deboli segnali positivi delle “Pari opportunità” e “Regole”. Statici gli altri criteri. Insomma un Paese incapace di fronteggiare un cambiamento necessario indispensabile per disegnare un futuro per i giovani. Il Global Talent Competitive Index dell’INSEAD ci ricorda che la capacità di attrarre i talenti dell’Italia è ostacolata da prestazioni poco brillanti nella qualità dei sistemi educativi, a tutti i livelli, e dalla scarsa apertura del sistema economico e sociale all’ingresso e allo sviluppo dei giovani talenti. (G.Neglia- Consigliere Forum Meritocrazia)

Purtroppo si conferma la retorica anti democratica che individua nel merito la principale causa di diseguaglianza crescente nell'economia e nella società. L’Italia continua ad essere intrappolata in una “melassa mediocratica” che penalizza i migliori i quali alla fine cercano altrove la soluzione alle proprie aspettative e non garantisce pari opportunità perché i meccanismi di promozione sociale prevalenti sono le relazioni e l’appartenenza, piuttosto che il merito e la competenza.

È assolutamente indispensabile sbloccare questo immobilismo agendo sul sistema scolastico, sulla giustizia, sull'efficienza della macchina burocratica, sulle regole e non ultima la trasparenza. Per ottenere questi risultati è fondamentale introdurre e sostenere un “vero merito” dell’individuo tanto nelle organizzazioni pubbliche quanto nelle private.

Ma non trascurare assolutamente la scuola e l’università dove si forma la cultura meritocratica dei cittadini del domani. Lì purtroppo si assiste da anni ad un decadimento nella qualità della formazione dei docenti, ad una disorganizzazione e ad una loro testimonianza di fatto dell’inesistenza del merito applicato al sistema educativo. Quindi i giovani apprendono il messaggio subliminale della minor importanza del merito rispetto a quello delle relazioni e dell’appartenenza.

Non va meglio il messaggio indiretto che le forze sindacali hanno diffuso nei settori pubblico e privato appiattendo, nei rinnovi del CCNL, la remunerazione del merito economico distribuito uniformemente (al limite con differenze fra una categoria e l’altra) tra chi mostra maggiore o minore impegno e risultati premiabili o penalizzabili. Od anche difendendo comportamenti inaccettabili di singole persone che i loro stessi colleghi condannano. Od anche situazioni di manifesta inefficienza nel settore pubblico che il cittadino subisce sia in termini di servizio sia in quello economico. Decenni di “macchina pubblica” rifugio di “posto fisso garantito a vita” dove una colpevole classe dirigente ha accuratamente evitato ogni e qualunque responsabilità personale impegnandosi soprattutto ad assicurarsi amicizie politiche e coperture.

“La classifica QS World University Ranking delle migliori università del mondo ha analizzato, in Italia, 431 programmi di studio offerti da 47 università. E se di eccellenze il Paese può vantarne parecchie, e ai piani più alti, complessivamente solo 67 corsi hanno migliorato la loro posizione mentre 86 sono scesi nelle classifiche. Numeri che fanno comunque dell’Italia “la settima migliore nazione al mondo al mondo, la seconda in Europa dopo la Germania” sottolinea Ben Sowter, vicepresidente di QS, al Sole 24 Ore. Ma, continua Sowter, “complessivamente solo l’1.9 percento delle prime cento università al mondo è rappresentato da atenei italiani”. Questo numero è dovuto allo scarso impatto della ricerca scientifica e alla mancanza di stabilità lavorativa e prospettive nel campo che alimentano la fuga di cervelli nel nostro Paese.” (A.Pansa – TPI.it)

Va sottolineato che in questa classifica eccellono programmi di studio come Storia dell’arte, Storia antica, Design e architettura che certamente non contribuiscono come altri programmi alla crescita e all'occupazione. Per esperienza diretta il funzionamento della maggior parte delle nostre università è andato nella direzione della carriera dei loro dirigenti, nel mancato controllo e verifica delle competenze dei docenti, della loro vicinanza agli studenti e della relativa partecipazione collegiale alla loro formazione tecnica ma soprattutto sociale. Inutile chiedersi dove stia “il merito” e come venga premiato…… o come mai le famiglie abbienti indirizzino i figli verso università straniere e cresca per gli altri l’abbandono scolastico.

Le varie riforme del sistema educativo che i partiti hanno fatto a gara a promuovere e viste a posteriori, ci rivelano una crescita esponenziale del numero delle persone coinvolte


Sono molte le persone della scuola (71%) cui si devono aggiungere oggi almeno altri 50.000 operatori con i concorsi in arrivo a fronte di un calo della popolazione studentesca. A giudicare dalle lamentele delle stesse e dalla minore qualità nella formazione degli allievi, sembra evidente che il maggiore impegno complessivo (+ persone + costi) dimostri che al merito è riservato ben poco spazio.

Nel settore privato le riforme del mercato del lavoro lo hanno dapprima stravolto e poi ingessato (Riforma Di Maio) rendendolo più povero, meno competitivo e ben lontano dal riconoscimento del merito appiattendo di fatto la formazione universitaria e quella della scuola di istruzione secondaria su un unico livello e mal pagato. Occorre evidenziare come il “Business della formazione finanziata” anziché produrre un recupero e innalzamento delle professionalità sia di fatto una nuova forma di guadagno in gran parte gestita da società al di fuori di ogni controllo.

Nessun Governo ha mai realizzato un progetto legislativo di riduzione del costo del lavoro, né tanto meno di taglio del cuneo fiscale, in una progettualità di progressivo cambiamento (strutturale) che porti il valore netto della retribuzione a salire in corrispondenza ad un calo degli oneri contributivi a carico delle aziende. Ovviamente questi interventi determinerebbero minori entrate per Erario e INPS che potrebbero essere largamente compensate da una riduzione degli sprechi pubblici e da una reale lotta all'evasione fiscale (IVA, IRPEF e IRES) che ogni politico dichiara, ma nei fatti osteggiate da tutti per evidente interesse immediato e totale mancanza di visione strategica da statista. Una classe politica che, e non solo da noi, guarda al guadagno immediato avendo assunto l’ottica delle società finanziarie e cioè far tornare i conti sul breve/brevissimo termine a scapito di stabilità sociale e di visione industriale di sviluppo.

In questo contesto il merito lo ha o lo avrebbe la persona che ti fa guadagnare di più indipendentemente dal come, dal perché e quindi quasi una lotta di tutti contro tutti.

Il Next Generation Plan EU dovrebbe quindi colpire e trasformare gradualmente il sistema per far sì che il nome dato a questo gigantesco strumento sia coerente con la sua applicazione.   

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