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Generation EU e meritocrazia in Italia
Nella IV Giornata Nazionale del Merito che si è tenuta il 15/10/2020 sono stati presentati i dati del Meritometro 2020, che fotografa il livello di merito dell’Italia in relazione ai 12 Paesi analizzati.
Il Meritometro è basato su 7 criteri di
valutazione:
1. 1) Libertà
2. 2) Pari opportunità
3. 3) Trasparenza
4. 4) Regole
5. 5) Mobilità sociale
6. 6) Attrattività dei Talenti
7. 7) Sistema educativo
Nel
ranking 2020 è consolidata la predominanza dei Paesi Scandinavi seguiti da
Paesi come Olanda, Germania, Gran Bretagna, Austria e Francia con performance altalenanti
e seguiti da Polonia e Spagna. Ultima l’Italia ferma al palo. Purtroppo questo
dato è negativo sia riferendolo all’indice complessivo (24,13 contro 67,86
della Finlandia o 63,21 della Svezia) sia a quello di ciascuno dei 7 criteri.
La
maggiore negatività è riferita alla “Libertà”, “Trasparenza”, “Sistema
educativo” con deboli segnali positivi delle “Pari opportunità” e “Regole”. Statici
gli altri criteri. Insomma un Paese incapace di fronteggiare un cambiamento
necessario indispensabile per disegnare un futuro per i giovani. Il Global
Talent Competitive Index dell’INSEAD ci ricorda che la capacità di attrarre
i talenti dell’Italia è ostacolata da prestazioni poco brillanti nella qualità
dei sistemi educativi, a tutti i livelli, e dalla scarsa apertura del sistema
economico e sociale all’ingresso e allo sviluppo dei giovani talenti. (G.Neglia-
Consigliere Forum Meritocrazia)
È
assolutamente indispensabile sbloccare questo immobilismo agendo sul sistema
scolastico, sulla giustizia, sull'efficienza della macchina burocratica, sulle
regole e non ultima la trasparenza. Per ottenere questi risultati è
fondamentale introdurre e sostenere un “vero merito” dell’individuo tanto nelle
organizzazioni pubbliche quanto nelle private.
Ma
non trascurare assolutamente la scuola e l’università dove si forma la cultura
meritocratica dei cittadini del domani. Lì purtroppo si assiste da anni ad un
decadimento nella qualità della formazione dei docenti, ad una disorganizzazione
e ad una loro testimonianza di fatto dell’inesistenza del merito applicato al sistema
educativo. Quindi i giovani apprendono il messaggio subliminale della minor importanza
del merito rispetto a quello delle relazioni e dell’appartenenza.
Non
va meglio il messaggio indiretto che le forze sindacali hanno diffuso nei
settori pubblico e privato appiattendo, nei rinnovi del CCNL, la remunerazione
del merito economico distribuito uniformemente (al limite con differenze fra
una categoria e l’altra) tra chi mostra maggiore o minore impegno e risultati
premiabili o penalizzabili. Od anche difendendo comportamenti inaccettabili di
singole persone che i loro stessi colleghi condannano. Od anche situazioni di
manifesta inefficienza nel settore pubblico che il cittadino subisce sia in
termini di servizio sia in quello economico. Decenni di “macchina pubblica”
rifugio di “posto fisso garantito a vita” dove una colpevole classe dirigente ha
accuratamente evitato ogni e qualunque responsabilità personale impegnandosi
soprattutto ad assicurarsi amicizie politiche e coperture.
“La
classifica QS World University Ranking delle migliori università del mondo ha
analizzato, in Italia, 431 programmi di studio offerti da 47 università. E se
di eccellenze il Paese può vantarne parecchie, e ai piani più alti,
complessivamente solo 67 corsi hanno migliorato la loro posizione mentre 86
sono scesi nelle classifiche. Numeri che fanno comunque dell’Italia “la settima
migliore nazione al mondo al mondo, la seconda in Europa dopo la Germania”
sottolinea Ben Sowter, vicepresidente di QS, al Sole 24 Ore. Ma,
continua Sowter, “complessivamente solo l’1.9 percento delle prime cento
università al mondo è rappresentato da atenei italiani”. Questo numero è
dovuto allo scarso impatto della ricerca scientifica e alla mancanza di
stabilità lavorativa e prospettive nel campo che alimentano la fuga
di cervelli nel nostro Paese.” (A.Pansa – TPI.it)
Va
sottolineato che in questa classifica eccellono programmi di studio come Storia
dell’arte, Storia antica, Design e architettura che certamente non
contribuiscono come altri programmi alla crescita e all'occupazione. Per
esperienza diretta il funzionamento della maggior parte delle nostre università
è andato nella direzione della carriera dei loro dirigenti, nel mancato
controllo e verifica delle competenze dei docenti, della loro vicinanza agli
studenti e della relativa partecipazione collegiale alla loro formazione tecnica
ma soprattutto sociale. Inutile chiedersi dove stia “il merito” e come venga premiato……
o come mai le famiglie abbienti indirizzino i figli verso università straniere
e cresca per gli altri l’abbandono scolastico.
Le
varie riforme del sistema educativo che i partiti hanno fatto a gara a
promuovere e viste a posteriori, ci rivelano una crescita esponenziale del numero
delle persone coinvolte
Sono
molte le persone della scuola (71%) cui si devono aggiungere oggi almeno altri 50.000
operatori con i concorsi in arrivo a fronte di un calo della popolazione
studentesca. A giudicare dalle lamentele delle stesse e dalla minore qualità
nella formazione degli allievi, sembra evidente che il maggiore impegno
complessivo (+ persone + costi) dimostri che al merito è riservato ben poco
spazio.
Nel
settore privato le riforme del mercato del lavoro lo hanno dapprima stravolto e
poi ingessato (Riforma Di Maio) rendendolo più povero, meno competitivo e ben
lontano dal riconoscimento del merito appiattendo di fatto la formazione
universitaria e quella della scuola di istruzione secondaria su un unico
livello e mal pagato. Occorre evidenziare come il “Business della formazione
finanziata” anziché produrre un recupero e innalzamento delle professionalità
sia di fatto una nuova forma di guadagno in gran parte gestita da società al di
fuori di ogni controllo.
Nessun
Governo ha mai realizzato un progetto legislativo di riduzione del costo del
lavoro, né tanto meno di taglio del cuneo fiscale, in una progettualità di
progressivo cambiamento (strutturale) che porti il valore netto della
retribuzione a salire in corrispondenza ad un calo degli oneri contributivi a
carico delle aziende. Ovviamente questi interventi determinerebbero minori
entrate per Erario e INPS che potrebbero essere largamente compensate da una
riduzione degli sprechi pubblici e da una reale lotta all'evasione fiscale (IVA,
IRPEF e IRES) che ogni politico dichiara, ma nei fatti osteggiate da tutti per
evidente interesse immediato e totale mancanza di visione strategica da
statista. Una classe politica che, e non solo da noi, guarda al guadagno immediato
avendo assunto l’ottica delle società finanziarie e cioè far tornare i conti
sul breve/brevissimo termine a scapito di stabilità sociale e di visione
industriale di sviluppo.
In
questo contesto il merito lo ha o lo avrebbe la persona che ti fa guadagnare di
più indipendentemente dal come, dal perché e quindi quasi una lotta di tutti
contro tutti.
Il
Next Generation Plan EU dovrebbe quindi colpire e trasformare gradualmente il
sistema per far sì che il nome dato a questo gigantesco strumento sia coerente
con la sua applicazione.
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