sabato 15 ottobre 2011

Indignati, indecorosi e ....... imbecilli

Chi ha vissuto gli anni del ’68 ha un’idea abbastanza precisa di cosa abbia voluto dire la contestazione studentesca rivolta ad un sistema che stava cercando un equilibrio dopo i lunghi anni di una democrazia fragile e troppo giovane. Oggi le cose sembrano essere diverse da allora anche se alcuni fattori comuni ne accompagnano la continuità. Ma sono pochi. Gli elementi di diversità invece li sovrastano. Innanzi tutto la grande incertezza rivolta al futuro dei giovani e meno giovani. In effetti ci troviamo davanti ad un numero sempre crescente di laureati e diplomati che ambirebbero ad una occupazione in tempi brevi e ad una platea di disoccupati, cassa integrati in età non troppo giovane che il mondo lavorativo mostra di emarginare.
Ora il problema non sta nella più o meno adeguata formazione scolastica che effettivamente è ai minimi storici, né nell’adeguatezza di competenze lavorative crescenti di coloro che hanno perso un’occupazione stabile.
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Certo, si tratta anche di questo, ma il problema si sposta un po’ più avanti. La contingenza dei fatti è grave ma se si pensa e si spera di superarla lo stato d’animo è diverso. Invece, per moltissimi questa speranza non c’è. La terribile parola che la esprime si chiama CRISI. Fatto non nuovo, anzi sistematicamente ripetitivo nell’evoluzione umana ma che ha un grande elemento di novità: quello della caduta dei valori sia umani sia sociali. E’ certo che il sistema economico mondiale si sia profondamente trasformato in pochi anni a seguito dello sviluppo dei Paesi emergenti e della globalizzazione senza darci il tempo di adeguarvi i nostri stili di vita ed il nostro modo di pensare, quindi di vedere il modo di affrontare l’inevitabile cambiamento. Ma questo lo possiamo dire all’uomo (donna) della strada e non certo a chi ne è stato autore e sostenitore: il mondo politico e quello della finanza. Entrambi accomunati da un comune obiettivo: detenere il potere e sfruttarne ogni opportunità. Etica comportamentale che è scomparsa per lasciare posto alla giustificazione dell’uso di ogni mezzo per l’interesse di pochi. Pubblicizzazione di concetti sacrosanti per nascondere le proprie nefandezze (vedi lo spot pubblicitario che invita a non evadere le imposte emesso da personaggi all’onore della cronaca per evasione fiscale) con un appiattimento dei media al servizio di questo e di quello e conseguente indignazione di un popolo di onesti offeso da tanta supponenza. Speculazioni finanziarie che vedono attori istituti di credito di tutto il mondo con guadagni iperbolici per decine di anni e spaventosamente messi in gravi difficoltà da insipienti manovre di credito occultate nei “derivati” e poi trasferite senza ritegno anche negli investimenti del popolo lavoratore. Dopo di che “stretta creditizia” nei confronti delle attività economiche e inevitabile arresto degli investimenti, ergo dell’occupazione lavorativa. Anni di reclame televisiva della bellezza per raggiungere presto e facilmente il benessere, magari attraverso “concessioni” che fanno “rosa” la cronaca e distruggono definitivamente i valori etici della morale. C’è altro che essere INDIGNATI davanti a tanti INDECOROSI.
Giustamente il dr. Draghi condivide questa indignazione pur sedendo su uno dei più alti scranni della finanza. Giustamente in più di mille città milioni di persone hanno manifestato questo sentimento, questa rabbia, questa voglia di non essere più “oggetti passivi” disposti a subire le conseguenze e tacere.
Desiderio di essere presenti davanti al potere in forma civile e democratica per chiedere il cambiamento del sistema perché, in effetti, stiamo traslando dalla seconda alla terza rivoluzione economica.
Purtroppo in questo passaggio si esprimono secondo il loro metodo antico “gli IMBECILLI”. I disadattati sociali per i quali “tanto peggio tanto meglio”. Rubare la scena, sfogare la brutalità, popolo di Unni sempre pronti alla violenza ed alla distruzione. Ad essi tutto il mio disprezzo. Da sempre ho imparato a rispettare i diversi punti di vista, il confronto di idee magari contrastanti, a capire che nella società umana non siamo tutti uguali, che la giustizia è un desiderio quasi utopico, ma mai ad accettare la violenza fine a sé stessa.
Ma forse anche queste loro brutalità possono avere un’utilità, devono essere un forte messaggio alla classe politica di un malessere sociale che, se dovesse allargarsi agli onesti, in termini di disperazione porterebbe a fatti difficilmente gestibili. Non dimentichiamo la storia, ed in essa la rivoluzione francese, quella russa piuttosto che quella messicana e, visto che siamo nel nostro 150°, quella mazziniana.

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