sabato 26 febbraio 2011

La Rivoluzione Francese e l’esplosione del Nord Africa

Le cause della Rivoluzione Francese

Prima del 1789, la Francia era una monarchia assoluta legata alla tradizione medioevale. Il Re, fiancheggiato dal clero e dalla ricca nobiltà, deteneva i tre poteri. Lo stato era incapace di adeguarsi ai mutamenti in atto e opprimeva le masse, ormai vessate da sgravi fiscali. L'invio di truppe e rifornimenti per sostenere gli Americani in lotta contro gli Inglesi aggravò la pesante situazione economica francese già in crisi perché vincolata all'agricoltura. La tassazione nei confronti dei contadini aveva raggiunto il limite di sopportazione, già minato dagli esosi oneri signorili ricollegati ad un antico sistema feudale. Il peggioramento inesorabile della condizione contadina fu anche dovuto alla crisi che sconvolse la produzione cerealicola del 1787 a causa di disastri meteorologici
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Le analogie con le Rivoluzioni Nordafricane attuali

Fino al 2010, la Tunisia, l’Egitto, il Marocco, l’Algeria e la Libia sono state rette da sistemi dittatoriali o pseudo democratici, dove le figure di gerarca supremo sono state normalmente imposte o sostenute da movimenti militari , cui fa eccezione il Marocco monarchico ma, come gli altri, dotato di Costituzioni che ben poco rispecchiano i principi di uguaglianza e di libertà.
Da rilevare che anche in questi Paesi la religione, o meglio, i suoi tribuni interessati, hanno influenzato sensibilmente il corso degli eventi politici. Infine quella che in Francia era la ricca nobiltà, qui è una classe borghese che sostenendo la gerarchia politica, ha intrallazzato sfruttando le risorse naturali ed umane. Corruzione dilagante.
Si indica come causa scatenante quella dei rincari dei generi alimentari motivata dalla crisi economica mondiale, ma forse la cosa è molto più complessa.
Non credo che ci si sia mossi semplicemente osservando la riuscita dell’insurrezione tunisina, bensì prendendo coscienza di valori di libertà e del diritto di esistere, acquisiti dalla crescita della culturalizzazione delle masse e dalla esasperazione di giovani, anche diplomati o laureati che abbiano visto, attraverso TV ed Internet, l’esistenza di un mondo attorno a sé che però a loro veniva negato. Grande fenomeno quello della comunicazione di massa che dopo l’era industriale, è forse stato ed è, quello che ha veramente cambiato il modo di vivere e di pensare delle persone.
Inoltre, gli emigrati in Europa hanno riportato, tornando a casa, immagini di benessere, di guadagno, di libertà, di qualità della vita toccate con mano e quindi a conferma di quelle televisive o ricavate da Internet. E’ certo che l’incremento della disoccupazione, senza l’ombra di ammortizzatori sociali, non può che aver complicato le cose esacerbando gli animi, ma le percentuali sono salite di poco sia pur su base dati piuttosto elevate. I regimi dominanti, fondamentalmente laici nei fatti, hanno vissuto precari equilibri e spesso sono stati avversati da un islamismo dai cento volti tra cui quello integralista, a sua volta strumentalizzato spesso da un terrorismo politico.
Non dimentichiamo lo scarso o nullo significato delle elezioni a cui noi, mondo occidentale, diamo un grande significato di democrazia, mentre in quei Paesi è solo lo strumento usato per auto certificare agli occhi del mondo le scelte autoritarie predeterminate attraverso partiti monocratici.
Vedi anche che lo stesso sistema è usato da sempre a Cuba, in Cina, in Russia o in alcuni Stati centroamericani o ex sovietici dove è il partito al potere ad osteggiare l’opposizione sia con leggi “ad hoc” sia con mezzi coercitivi.
Va anche detto che tenere insieme popolazioni tribali con le rispettive e vive culture e realtà sociali di enclave, richiede sicuramente una guida forte ed univoca non facile da giostrare tra rispetto delle autonomie e interesse comune. Di conseguenza il passaggio ad una democrazia di fatto è tutt’altro che semplice e breve nel tempo. La Polonia e l’Ungheria ne sono un recente esempio conclusosi positivamente ma con sacrifici ed attese.
Si potrebbe dire che tutti i regimi autoritari hanno, prima o poi, mostrato il loro tallone di Achille perché come disse Giulio Andreotti: “Il potere logora chi non ce l’ha”, ma sviluppa un senso di onnipotenza che inevitabilmente porta a perdere di vista la realtà da cui ci si innalza. La massa del popolo a cui sono state fatte promesse, magari inizialmente mantenute, e per questo innalza il proprio idolo al potere supremo, prende coscienza dell’illusione in cui si è cullata e constata che nel tempo ben poco cambia per sé. La ricchezza ed il potere diventano insieme l’unico obiettivo dei potenti sempre più attorniati da “pares inter pares”. Questo è sempre stato fatto da tutti i dominatori e condottieri che la storia ci racconta. Bagni di sangue umano nel nome del potere e di presunti ideali, da Gengis Khan ad Alessandro Magno, dopo essere passati da Giulio Cesare e poi Costantino, passando per le Crociate e per le stragi dei Pellirosse americani (i cattivi dei film del Novecento), da Mao Tse Tung ai Khmer Rossi ed alla Rivoluzione bolscevica. Le stragi per il controllo del petrolio in Asia e dell’agricoltura somalo-eritrea. L’apartheid “dei diamanti” in South Africa. Ed ora nuovamente il petrolio, i giacimenti di minerali, l’agricoltura e la lotta religiosa integralista in un contesto estremamente articolato e pericoloso.
Problemi politici per un futuro incerto anche se reso meno esplosivo da una globalizzazione degli interessi reciproci.
La Cina si è espansa più di altri in Africa ed ha investito cifre importanti per sostenere il proprio sviluppo, ma a sua volta deve guardarsi dalla crescita interna troppo veloce che finirebbe per creare tensioni sociali pericolosissime non più gestibili come fu fatto drammaticamente in piazza Tien’anmen.
La Germania ha assorbito la fusione con la Repubblica Democratica ed ha diversificato l’espansione economica presentandosi per prima in Cina, poi nei Paesi ex Unione Sovietica, in Brasile e poi in Africa.
Gli USA, tradizionali dominatori economici degli Stati Centro Americani, hanno interessi diffusissimi in tutta l’Asia oltrechè in Europa ed Africa.
Il Giappone, con USA e Cina detiene le maggiori banche mondiali e gli Istituti Finanziari con riserve gigantesche di dollari e di euro.
La Russia, ultima potenza ad affacciarsi sul mondo economico internazionale, controlla le maggiori riserve mondiali di gas(35%), di petrolio(5%) ed ha mostrato una capacità di adattarsi al capitalismo che si potrebbe definire sorprendente rispetto al comunismo propugnato fino a meno di vent’anni fa e che oggi mostra in una immagine molto sbiadita rispetto ad una Cina sostenitrice del comunismo capitalistico. Non è dichiarato ma basta andare là per vederne l’applicazione pratica.
Tutti sono lanciati verso la conquista di mercati con l’utilizzo di ogni tipo di strategie, da quella militare giustificata da “peace keeping” a quella politica degli aiuti “umanitari”, a quella economica della maggiore competitività dei prezzi. Manca solo quella religiosa che oggi è usata solo da gruppi definiti terroristici e razziale per il ben noto problema dell’intolleranza etnica. Forse perché alcune delle grandi potenze sono multiconfessionali e multietniche, ma soprattutto laiche.
Gli interrogativi politici di chi guarda ai sommovimenti africani di questi giorni, cioè di tutti i Paesi citati, vanno proprio nella direzione di capire quali vantaggi possano essere colti e quali svantaggi evitati. Non è certo la momentanea riduzione di qualche milione di barili di petrolio e di metri cubi di gas, (Tutti insieme i Paesi africani in subbuglio hanno riserve di gas e petrolio pari al 4%) o l’uccisione di qualche centinaio di persone “ribelli al regime” ed onesti eroi del cambiamento politico, (a parte i giornalisti che trattano questi temi che sono i più vicini al comune cittadino per vendere i giornali), ad angosciare nessuno dei Grandi Burattinai.
Infatti modificando di qualche punto percentuale gli approvvigionamenti di petrolio e gas, da questo o quel Paese, piuttosto che accusando di stragi e di uso improprio della forza i dittatori caduti in disgrazia sociale, vengono risolti gli aspetti sensibili alla cronaca quotidiana.
Il vero problema è: “Come questi fatti potranno modificare gli interessi economici e turbare gli equilibri politici utili alla realizzazione dei rispettivi Piani Strategici?”.
Qui la domanda, nel tempo la risposta.

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