mercoledì 15 dicembre 2010

Sono tassabili i proventi della prostituzione

Riprendo da “Il Sole 24 ore” che la Corte di Cassazione (sentenza n.42160) ha sancito che i proventi derivanti dallo sfruttamento della prostituzione sono tassabili e che il compenso lasciato dagli sfruttatori alle ragazze è un “costo” indeducibile.
Ho impiegato alcuni giorni per cercare di gestire la mia reazione emotiva di sconcerto.
Sono un manager di “lungo corso” e quindi ho imparato a trattenere reazioni di questo tipo per dare spazio all’analisi ed al ragionamento. In effetti, ragionando con criteri fiscali, un reddito ed un costo sono tali in qualunque situazione di conto economico. Questa è “tecnica”, ma la domanda che mi pongo è se sia comprensibile che il fattore umano passi in secondo piano. Cerco di spiegarmi.
Io non obietto dal punto di vista morale, se la scelta della persona nel prostituirsi sia da giudicare negativamente o meno, purché essa non vi sia costretta da terzi e quindi libera di confrontarsi con la propria morale o con la propria fede.
In questo caso credo che si debba parlare di messa in schiavitù e tale da essere considerata tra i reati più gravi che possano esistere dopo quelli dell’omicidio volontario e della violenza sui minori.
Non troverei certamente eccepibile che siano regolarmente tassati i proventi del meretricio purché, e lo ripeto, sia svolto in piena libertà e autodeterminazione, ma non riesco ad accettare che la valutazione “tecnica” sui proventi dallo sfruttamento sessuale di una persona possa divenire argomento da inquadrare nelle normative fiscali. Premesso che la materia fiscale sia laica, faccio fatica a comprendere come i giudici della Corte, che sono persone ed anche di levatura culturale elevata, non abbiano respinto la richiesta di giudizio come immotivata ed inaccettabile e facendo così prevalere il principio che ogni profitto derivante da reato va restituito alla persona che lo a subito. Solo dopo questo fatto si potrà allora parlare della dovuta tassazione del reddito del percipiente. Mi direte voi, ma come si può stabilire in che misura restituirlo tra coloro che lo hanno prodotto dato che può trattarsi di persone diverse ed in un arco di tempo indefinibile? In effetti, il “problema” esisterebbe, ma lo considererei superabile sequestrando gli importi e destinandoli alla sovvenzione dei centri di recupero delle persone oggetto di sfruttamento sessuale.
Ritengo inaccettabile che il fisco debba percepire, ma anche solo ipotizzare di ricevere, una quota derivante dalla messa in schiavitù, oltretutto sessuale, di una persona.
Siamo stati abituati da una società materialista e da falsi “status symbols” alla identificazione dei valori nel denaro e nel potere, come pure ci preoccupa, anche se contingente, la crisi economico finanziaria; ma credo che guardando in alto verso coloro che nelle istituzioni rappresentano i nostri punti di riferimento, dovremmo poter vedere la persona umana al centro delle valutazioni e delle normative. Utopia? Non credo, ma decadentismo e spersonalizzazione dalla realtà.
Siamo vicini al Natale e, che per chi ha fede, si tratta di un momento di rinnovo del messaggio della speranza in una vita serena e di pace che guarda alla persona ed attraverso di lei alla società. Auguriamoci che la riflessione sia per tutti, anche per chi addobba l’albero e costruisce un Presepe ma non sa più perché lo stia facendo.

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