domenica 7 marzo 2010

Quale il ruolo del Direttore delle Risorse Umane nel futuro?

Il 19 febbraio, presso la Guala Pack S.p.A di Castellazzo (AL), organizzato da Federmanager Alessandria e Asti, si è tenuto il V Forum dei Direttori del Personale, per un confronto sul tema “La direzione delle Risorse Umane. Evoluzione del ruolo e sue prospettive”.

Hanno partecipato 26 Direttori del Personale ed esperti di relazioni industriali, mentre, pur aderendo al Forum, non hanno potuto presenziare altri otto colleghi per sopraggiunti impegni presso le loro aziende

L’incontro è iniziato con la presentazione dell’azienda Guala Pack ed una visita guidata allo stabilimento da parte dei vertici aziendali, dopodichè si è entrati nel merito dell’ordine del giorno con una relazione introduttiva di Michele Bramardi, già Direttore di Confindustria Alessandria, che ha sottolineato preliminarmente quanto il Direttore del Personale abbia dovuto confrontarsi, dagli anni 70 al 2000, con scenari diversi, adattando le proprie conoscenze e le proprie azioni alle mutate esigenze.

Partendo dagli anni 70, ha sottolineato che erano gli anni dello Statuto dei lavoratori ove tutto o quasi, era concesso ai lavoratori ed ai sindacati con una specie di “attacco alla diligenza/impresa” e dove pertanto, i responsabili del personale non potevano fare altro che resistere.
Gli anni 80 furono gli anni delle ristrutturazioni con la necessità di gestire le riorganizzazioni e di inventarsi nuove soluzioni di concerto con Proprietà e Direttori di produzione.
Negli anni 90, finalmente si raggiunse un po’ di equilibrio. Sostanziale parità di condizioni ed una funzione anche di mediazione tra opposte esigenze, quelle dell’Impresa e quelle dei lavoratori.
Ed infine, negli anni 2000, prima della grande crisi attuale, con la ricerca del consenso, anche preventivo e con un maggior dialogo con la Controparte.

Ritornando alla sopracitata evoluzione di scenari, per difendere la trincea erano necessarie doti di coraggio fisico e psicologico, la conoscenza della materia giuslavoristica era opportuna ma non indispensabile, era sufficiente essere un po’ “ex carabiniere” per gestire i rapporti con i dipendenti peraltro ancora un po’ succubi dell’autorità costituita, sia pure galvanizzati dal potere derivato dalle nuove legislazioni e normative. Non si dimentichi peraltro che erano gli anni del terrorismo, delle Brigate rosse e di Lotta continua, dove anche l’incolumità personale era minacciata e dove era sufficiente attestare che si ricopriva la carica di Direttore del personale per avere riconosciuto il porto d’armi!

Passato un brutto ventennio (70/80) e le brutte condizioni allora in atto, con il miglioramento delle relazioni industriali, cambiarono anche i ruoli del Direttore del personale, nonchè le sue conoscenze, allargandosi anche ai settori della produzione, dell’amministrazione, di scorte e magazzini, dei rapporti con la clientela, tutti rivoli importanti che confluivano poi anche nella gestione del personale.

Il Direttore del personale dovette diventare un po’ “tuttologo”, addentrarsi in materie diverse da quelle a lui specifiche e quindi si rese necessaria non solo una preparazione di base, scolastica e/o universitaria più approfondita, ma anche di costante formazione ed aggiornamento sulle più svariate tecnologie inerenti alla gestione dell’impresa.

Diventò anche team manager, grazie alle sue innate doti di mediatore tra diverse esigenze aziendali e non furono rari i casi in cui alcune Proprietà affidarono ai Direttori del personale incarichi di Direttore Generale e/o Amministratore Delegato.
Fu necessario approfondire le tecnologie su materie di pertinenza specifica quali la ricerca di personale, la formazione dei collaboratori, l’inserimento in azienda delle tecnologie informatiche a dispetto delle resistenze del personale più anziano poco propenso ad abbandonare il cartaceo, la produzione e la produttività, il rapporto con i sindacati, con le rappresentanze sindacali aziendali e con le maestranze affinando altresì le sue innate caratteristiche di psicologo.
Ed infine Il Direttore del personale dovette rendersi conto che le persone che doveva gestire erano - e sono – profondamente cambiate: più istruite, più moderne, meno disponibili al comando, ma collaborative al ragionamento, in altre parole era diventato fondamentale – e lo sarà anche per il futuro – una approfondita conoscenza collettiva ed individuale delle persone a lui affidate. E conseguentemente diventò – e diventa – indispensabile adeguare ed indirizzare le proprie azioni a questa realtà, consapevole più che mai che le “fortune” dell’Impresa non possono prescindere da una adeguata partecipazione del personale dipendente.
Vista dall’esterno, anche se in contatto quotidiano con i responsabili del personale questa è sinteticamente l’evoluzione della funzione come conosciuta da Vicedirettore Confindustriale.
Una evoluzione carica di significati ed anche affascinante, per i contenuti, per il costante contatto umano e per le relazioni a 360° con l’universo del mondo dell’impresa e di quanto le sta intorno.

Così introdotto il tema ed evidenziati alcuni punti di riflessione, Bramardi ha passato la parola a chi ha vissuto direttamente queste esperienze a chi la sta vivendo e la vivrà nei prossimi anni.
Il primo contributo è stato di Camillo Sangiovanni gia Direttore HR Michelin che ha preliminarmente evidenziato uno scostamento dalla relazione introduttiva, sostenendo che la figura del direttore del personale, a suo giudizio, non è stata particolarmente influenzata dagli scenari descritti, ma è stata sostanzialmente lineare nel tempo con la sua funzione e con le sue prerogative.
Se distinzione c’era, era più che altro dovuta dal fatto che ogni azienda aveva i suoi valori e le sue politiche del personale e che a queste il direttore del personale doveva uniformarsi.
La vita in azienda non era influenzata da particolari aspetti politici e ciò che dominava era la subordinazione ed il rispetto.
Indispensabile era avere obiettivi ben definiti e risorse di persone il più possibile collaborative: da questo binomio/rapporto dipendeva una proficua gestione del personale. Importante era anche anticipare gli eventuali problemi, altrimenti “ si ascoltava e ci adeguava”. Importante era anche il sempre valido buon senso e l’insegnamento degli anziani famigliari “Fatti voler bene” che voleva semplicemente dire “Sii equilibrato e non commettere ingiustizie”.

Il secondo contributo è stato di Corrado Pagani attuale Direttore H.R. di Rotomec gruppo Bobst anch’ egli sostenitore della tesi di diversità di impostazione a seconda dell’Azienda in cui si opera. Equità e giustizia rappresentano una caratteristica fondamentale della funzione, essere intellettualmente onesti è un obiettivo cui si dovrebbe costantemente puntare, pronti anche a mettersi a disposizione e a supportare i Colleghi nelle loro problematiche e scelte senza voler peraltro entrare troppo nel merito delle loro specifiche competenze nè invadere le loro prerogative. E di fronte ai grandi problemi dell’oggi, i direttori del personale devono essere disponibili all’innovazione ed al cambiamento.

Il terzo intervento ha visto protagonista Elisabetta Pittaluga, attuale Direttore HR di Guala Pack, che ha sottolineato come correttamente oggi il Direttore del personale sia definito il Direttore delle Risorse Umane, perchè è corretto ed opportuno definire le persone che operano in azienda come una vera e propria risorsa da utilizzare e sviluppare. E non solo i cosiddetti “talenti” ma anche coloro che talenti non sono nè potranno diventarlo, comunque importanti e preziosi per il bene dell’Azienda. I valori aziendali , la cultura d’azienda ed il clima negli uffici ed in stabilimento rappresentano un aspetto fondamentale cui ispirarsi nelle azione quotidiane e su cui indirizzare ogni collaboratore. Indubbiamente si è di fronte ad un mondo nuovo ed in costante evoluzione che non può prescindere da una visione improntata a tempi medio/lunghi. Ma ritornando al presente la dottoressa Pittaluga si è fatta una domanda attendendo una risposta dal successivo dibattito: “Siamo e/o dovremo essere tessitori o tagliatori?”

Gli interventi che si sono succeduti nel corso di oltre due ore di dibattito hanno evidenziato quali e quante sfaccettature rivesta la funzione del personale, con quanti aspetti ci si deve confrontare ogni giorno e quanti obiettivi si dovrebbero perseguire. Innanzitutto la non facile e complessa riduzione dei costi, imposta dal difficile momento in atto liberandosi del superfluo e nel tentativo di mediare opposte esigenze. Essere mediatore sociale, ricercando di contemperare le esigenze dell’impresa e di chi gli sta dentro o intorno non è certo facile ed impone responsabilità aggiuntive creando anche grandi preoccupazioni personali. E’ difficile ristrutturare e contemporaneamente chiedere collaborazione; solo una adeguata comunicazione può essere di significativo ed utile supporto.

E’ stato evidenziato che nella ricerca di efficienza, indispensabile in questi complessi momenti, è molto opportuno il far lavorare volentieri e senza eccessive pressioni, con la logica premessa dell’esigenza di essere coerenti tra gli obiettivi ed i mezzi per raggiungerli. Il che non vuol dire mediare ad ogni costo, anzi ciò potrebbe essere distorsivo, soprattutto se rivolto ai singoli, in quanto potrebbe ingenerare ipotesi di privilegi e pericolosi effetti “a catena”.

Non è mancata l’osservazione che oggi per salvaguardare l’Impresa e chi ne fa parte è necessario ricercare ed ottenere il risultato: è indispensabile a questo proposito dare un senso agli interventi e costruirli sulla base di una stringente logicità. Sarebbe opportuno pensare a creare organismi interni che aiutino a capire, aumentando la consapevolezza attraverso una approfondita attività di educazione.

La motivazione delle risorse umane deve essere un obiettivo e soprattutto un mezzo per perseguire i fini da raggiungere sia a livello individuale che collettivo: come già ricordato oggi il collaboratore è più moderno, istruito, disposto a fare la sua parte certamente se soddisfatto nei suoi beni primari (soprattutto la retribuzione), ma anche se adeguatamente coinvolto nelle scelte, anche piccole, e nei mezzi idonei per perseguirle.
Con una esemplificazione non banale è stato anche ricordato che il Direttore del personale e chi in generale ha compiti manageriali in azienda, è come l’allenatore di una squadra sportiva: una volta indirizzato il timone in una certa direzione – confidando sia quella giusta – il team deve muoversi verso quell’obiettivo, deve “giocare” come l’allenatore dispone e chi non si adegua deve necessariamente tornare in panchina... o peggio!
E’ anche opportuno che il business non sia privilegio e competenza di pochi eletti: le risorse umane – almeno quelle più mature e disponibili – possono e debbono conoscere ed il direttore del personale deve entrare in una relazione attiva con i collaboratori, consapevole che se l’Azienda cambia devono cambiare anche i collaboratori. Il tutto nel rispetto della più stringente correttezza: qualche volta si può anche peccare in trasparenza, ma in correttezza mai, pena la perdita di credibilità.

Un altro tema toccato è stato quello multietnico . Ormai quasi tutte le aziende devono confrontarsi con il problema – ovvero con la risorsa – di avere del personale con diverse provenienze, culture ed esigenze. L’approccio non può essere negativo, ma pur nella difficoltà, bisogna cercare di valorizzare le differenziazioni cogliendo ciò che c’è di positivo e migliorando quanto di negativo potrebbe incidere nella normale gestione delle risorse.

E’ stato infine evidenziato che il contratto di lavoro non è più sufficiente a regolare i quotidiani rapporti tra Impresa e Personale: bisogna essere pronti ad andare anche oltre le rigide pattuizioni codificate dall’Alto. Ci vogliono progetti aziendali auspicabilmente condivisi, su cui lavorare, finalizzati a migliorare le performance di entrambe le Parti, abbandonando nei fatti e nei comportamenti la “logica” delle Controparti (o peggio della lotta di classe), che non ha certo alimentato positivamente per tanti anni la vita e la gestione aziendale

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