martedì 29 aprile 2008

Il Manager, un cinico o un gestore di emozioni?

Occorre prendere coscienza di sé, se si vuol relazionare e rapportarsi bene con gli altri, se si desidera star bene in sella, in quanto posizione di governo nelle organizzazioni di lavoro.
Ci si chiede talvolta: ma il manager può e deve emozionarsi? Il cinismo non è la forza dei grandi condottieri? Non basta dire, poi, che ora il mondo è cambiato.

Egli è, prima di tutto, un uomo. Pensiamo, per esempio, a rabbia, gioia, paura e ai nostri istinti di pronta reattività. Qui si va a finire nella ”intelligenza emotiva” considerata come capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi, di gestire positivamente le emozioni, tanto interiormente, quanto nelle nostre relazioni. Essa descrive, infatti, abilità che per quanto complementari, sono distinte dall’intelligenza accademica, ossia dalle capacità puramente cognitive misurate dal QI. Goleman, poi, ci dice: “L’intelligenza emotiva è la capacità di governare le emozioni e guidarle nelle direzioni più vantaggiose e spinge nella ricerca di benefici duraturi, piuttosto che al soddisfacimento degli appetiti più immediati”. Lasciamole allora sorgere queste emozioni e sentiamole pure anche se non lasciamo venir meno la capacità di gestirle.
E’ importante, perché le emozioni hanno un profondo effetto sulla cognizione, sul modo di vedere la realtà, e la cognizione influisce sull’emozione suggerendo la scelta del modo di reazione all’antecedente emozionale.
Per finire riassumiamo le cinque fondamentali competenze emotive e sociali individuate da Goleman:
Consapevolezza di sé: conoscere i propri sentimenti a fronte di ogni particolare momento ed usare questa conoscenza per guidare i processi decisionali.
Dominio di sé: gestire le proprie emozioni al fine di renderle utili all’assolvimento del proprio compito.
Motivazione: sapere usare le proprie preferenze più intime come sprone per il conseguimento dei propri obiettivi e per prendere iniziative.
Empatia: percepire i sentimenti degli altri e saper coltivare fiducia e sintonia emotiva con una gamma di persone diverse tra loro.
Abilità gestionali: gestire bene le emozioni nelle relazioni, interagire fluidamente con gli altri, usare questa capacità per guidare, cooperare, lavorare in team.

Dobbiamo forse dire allora che dietro al manager c’è sempre l’uomo e che l’uomo deve saper affrontare e fare anche questi discorsi per sé, per gli altri, nonostante gli eventuali modi di presentazione degli stessi?
Il quesito può meritare qualche riflessione. Nella vecchia economia le gerarchie contrapponevano la manodopera al management e le retribuzioni dipendevano dalle capacità, ma questa situazione sta erodendosi con l’accelerare del cambiamento. Le gerarchie si stanno trasformando in reti; la manodopera ed il management si stanno unendo in team; le retribuzioni si trasformano in nuove combinazioni di opzioni, incentivi e proprietà; le capacità richieste dal lavoro fisso lasciano il passo ad un processo di apprendimento a vita ed il posto fisso è superato da carriere variabili.
Con il modificarsi del mondo del lavoro, cambiano naturalmente anche le caratteristiche prima per sopravvivere e poi per eccellere e queste transizioni non fanno altro che … aggiungere valore alla “intelligenza emotiva”.

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