martedì 28 ottobre 2008

Dobbiamo difendere il Made in Italy e i cittadini devono conoscere la provenienza dei prodotti

I diritti del cittadino europeo devono assolutamente essere garantiti.
Ritengo sia giunto il momento per cui non sia più giusto tergiversare e l’Europa debba assolutamente assumersi le sue responsabilità.
Il cittadino, il consumatore, deve poter godere dei diritti (così come dal 1930 sono garantiti ai cittadini americani, dal 1970 a quelli giapponesi ed ora anche in Cina) che gli permettano di conoscere dove, come, in che modo, con quali trattamenti, sono stati realizzati tutti i prodotti del manifatturiero che egli ha la possibilità di acquistare in Europa.

Anche solo esaminando tutto ciò che sta avvenendo per quanto riguarda la nostra salute, è indispensabile che anche le “caste” di potere economico europeo che, con i loro concetti di globalizzazione e di libero mercato, stanno contrastando, nel loro unico interesse, che questo si avveri, facciano un passo indietro e riflettano che globalizzazione e libero mercato non devono essere intesi come mercato senza regole.
Da anni l’Italia chiede all’Europa una legge precisa che imponga che sul mercato europeo possano circolare unicamente prodotti del manifatturiero che, provenienti da Paesi extra-europei, abbiano obbligatoriamente applicata l’etichetta con il “Made in” del Paese di origine, corredata da trasparenza e tracciabilità per le operazioni di lavorazione del prodotto.
Ma ciò non basta, non è sincero e onesto nei confronti del consumatore finale perché permette, come ad esempio avviene in Italia, che tante aziende italiane facciano realizzare in tutto o in parte le loro produzioni sia in Paesi europei che in Paesi extra-europei e, quando questi prodotti rientrano in Italia, possano essere rimessi in circolazione con il nome ed il marchio di chi li distribuisce, senza l’indicazione di dove e come questi prodotti sono stati realizzati, proponendoli come prodotti italiani - anche la Cassazione accetta questo equivoco - purché le aziende abbiano sede sociale in Italia.
Il cittadino europeo deve poter saper scegliere, e solo da un’esatta informazione che garantisca per legge il “Made in” di tutti i prodotti acquistati, e non solo quelli provenienti da taluni Paesi, potrà avere la certezza di acquistare prodotti ad un equo prezzo, non gonfiato dalle speculazioni o dalle furbizie di chi ora non ha alcun interesse a far conoscere da dove questi prodotti provengono realmente.
E’ in ballo, a mio giudizio, anche il futuro dell’economia europea e di quella italiana, legata al manifatturiero, inteso come “gioielleria” europea, per i prodotti dell’abbigliamento.
L’Italia è indiscutibilmente legata alle sorti dell’Europa; così come l’Europa dovrà indiscutibilmente farsi carico dei problemi che arriveranno molto presto sul suo tavolo nel momento in cui sarà completamente distrutta, da questa commercializzazione selvaggia, la filiera, che permette alle piccole e medie imprese italiane di produrre prodotti di alto livello artigianale. Si sarà persa la tradizione del gusto, della creatività, della artigianalità italiana che hanno trovato ampio riconoscimento nel mondo.
Con le attuali leggi europee il “Made in Italy” resterà solo più un ritornello e avrà sempre meno valore sui mercati internazionali. Ciò creerà un impoverimento dell’Italia, una perdita di occupazione della sua manodopera e, conseguentemente, un aggravio notevole per l’economia europea, che dovrà farsi carico del grave disastro che l’attuale comportamento irresponsabile della governance europea ha arrecato al nostro Paese.
Queste sono le considerazioni che da lungo tempo espongo in ogni occasione dove mi è consentito di chiarire i miei concetti su globalizzazione, libero mercato, difesa dei diritti del consumatore, rispetto del saper fare della manodopera in Italia e, conseguentemente, miglioramento dell’economia italiana.
Un “Made in Italy” garantito e certificato per legge, con possibilità di maggior penetrazione su tanti mercati che ora guardano al “Made in Italy” con diffidenza, non dovrebbe spaventare in alcun modo le “caste” del potere economico europeo.
Sarebbe molto più utile, ad ognuno per le proprie competenze, sapere che dall’Italia possono essere esportati unicamente prodotti certificati per legge “Made in Italy”, anziché accettare che alcuni esportatori contrabbandino quantità enormi di prodotti fasullamente etichettati “Made in Italy”.
La mancanza di una certificazione garantita per legge penalizza le imprese italiane che producono il vero “Made in Italy” perché le loro produzioni confluiscono nel calderone di “tutto quanto” ora si esporta dall’Italia. Le aziende subiscono vessazioni e controlli doganali con costi aggiuntivi che le costringono a denunciare tutte le lavorazioni e i luoghi delle stesse fatte in Italia.
Se ancora oggi nel mondo si circola comunque con il passaporto o la carta d’identità garantita da ogni singolo Stato, perché ciò non deve avvenire anche per i prodotti che ogni singolo Stato produce?
Quale garanzia si può offrire al mondo che ci guarda e attende coerenza da chi si professa depositario della cultura e della civiltà?
Questi interrogativi che ogni coscienza pensante si pone, mi auguro facciano riflettere chi ha il dovere di operare per il bene del nostro futuro.

Luciano Barbera – A.D. Gruppo Barbera

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